10000 dollari per un massacro

Un ricco proprietario terriero offre una ricompensa al cacciatore di taglie Django, per assassinare due banditi che hanno rapito sua figlia.
    Diretto da: Romolo Guerrieri
    Genere: western
    Durata: 100'
    Con: Gianni Garko, Fidel Gonzalez
    Paese: ITA
    Anno: 1967
5.9

Il cielo, prima, con il volo d’un gabbiano; e poi il mare. Un uomo è disteso, in riva al mare, fazzoletto bianco al collo e cappello nero da cowboy. “Il mare, amico. Gran bella cosa, il mare. Ma a te non interessa: a te interessa solo il cielo, vero?”. È così, di fatto, perché l’”amico” è stecchito; e subito dopo aver richiamato il cavallo con un fischio, il bounty killer di nero vestito s’avvia ad incassare la taglia. Incrociando, nel deserto, un ceffo col poncho e lo sguardo tagliente.
È il primo contatto tra i due protagonisti: Django (Gianni Garko, accreditato come Gary Hudson), cacciatore di cattivi, ed il cattivo, Manuel Vasquez (Claudio Camaso), appena uscito di prigione dopo quattro anni e prossimo a vendicarsi del tale che l’aveva incastrato. “Appena la borsa sale, arrivano gli sciacalli”. E quella del cattivo, salirà presto: ma il buono è così diverso?

DJANGO RELOADED – 10.000 dollari per un massacro (1967) di Romolo Guerrieri riprende il personaggio corbucciano di Django in un sequel non ufficiale, d’altro stampo, con Garko a prendersi le fondine di Franco Nero. E ad aggiungerci il panciotto: tanto micidiale quanto elegante, DjangoGarko non è solo un pistolero svelto, ma anche una sorta d’algido imprenditore della caccia di taglie, che valuta le prede secondo prezziario, auspicando l’aumento della taglia prima di valutare se mettere mano al calcio della pistola.
Niente pastrano zuppo di pioggia e stivaloni sporchi di fango, dunque, per il Django di Guerrieri; e, soprattutto, un antagonista efferato, con tanto di codice d’onore: prima d’uccidere Mendoza, Vasquez rivolge un gesto pietoso alla statua della Madonna; accetta uno scontro a mani nude col bounty killer, nonostante sia circondato dai propri sgherri pronti a fiancheggiarlo in superiorità numerica; riconosce il valore del proprio sfidante; ha persino un senso della famiglia (il padre, suggestivamente chiamato Polvere di stelle, ha le fattezze del sempre funzionale Fernando Sancho).
Per quanto dica a Django di non essere così diverso da lui (entrambe uccidono per soldi), resta un uomo di sotterfugi, di repentini tradimenti, di veloci condanne a morte: Claudio Camaso, fratello di Gian Maria Volontè scomparso prematuramente nel ’77, impersona l’untuoso fuorilegge con autentici scatti velenosi, lo sguardo vagamente efebico pronto a passare dall’ambigua vacuità alla spietata e virile lotta fisica.
I DURI HANNO DUE CUORI – A pensare al tema del bounty killer che si dispone all’ultima impresa prima di cambiare vita, vien quasi da associarlo ad alcuni noir in cui proprio l’ultimo colpo prima di appendere una pistola al chiodo va in qualche modo storto (Fuggiasco di Carol Reed), persino ad alcuni gangster movie, anche recenti (Carlito’s Way di Brian De Palma).
Se il tema della pensione anticipata con fuitina rovinata può essere trasversale a più generi, c’è però da dire che la strada intrapresa dallo spaghetti western di Romolo Guerrieri diventa tout court quella del revenge movie, filone particolarmente attagliato al west, al punto da risolversi con una suggestiva – e classicissima – resa dei conti nella città fantasma.
Se si è citato – ma è una pallottola di striscio – il genere del noir, è per evidenziare, sia pure nella totale diversità di tono, un’attitudine drammatica piuttosto inedita per sceriffate e dintorni: significativa in questo senso è l’ardita scena del pianto di Django quando apprende dell’uccisione di Mijanou (Loredana Nusciak, che aveva interpretato nel ‘66 Sole, la donna di cui s’invaghisce il Django di Corbucci), in una sequenza non solo coraggiosa per i contenuti – il cacciatore di taglie che mostra un lato romantico – ma anche splendidamente girata.
Le opportune musiche morriconiane di Nora Orlandi – in un soundtrack che, per il resto, forse appare un po’ discontinuo – sottolineano infatti un montaggio che gioca sull’alternanza tra i primissimi piani del viso della donna e gli occhi lucidi di Garko.
Convenzionale nell’idea della sfida nella città morta, della canaglia a caccia di taglie, nelle musiche, persino nei momenti d’ironia – con Pinuccio Ardia ad interpretare il vecchio scommettitore rimbambito chiamato “Sette dollari”, quanto la posta dei suoi “azzardi” – 10.000 dollari per un massacro si distingue comunque per il modo in cui le impennate drammatiche vengono contestualizzate al genere: se il duello mortale dell’ultima parte può apparire d’adrenalinica stereotipia, è anche vero che la parentesi di Django che perde la propria donna è inserita con funzionalità, perché il personaggio interpretato da Garko vien fuori con quel senso d’innocenza perduta che ne giustifica la fredda, affascinante evoluzione finale nell’implacabile cacciatore.
Alla fine, si diventa ciò che si è – e alle “trasformazioni”, scorta con passo agile lo script a più mani (Ernesto Gastaldi, Luciano Martino, Franco Fragagnolo, Sauro Scavolini). Con qualche turnover alla sceneggiatura (Sergio Martino al posto di Fragagnolo, Scavolini out), la stessa coppia di produttori (Mino Loy e Luciano Martino), la medesima coppia di protagonisti (Garko/Camaso) ed ancora Nora Orlandi alle musiche, l’anno a venire si alzerà la posta col film 100.000 dollari e ti ammazzo, per la regia di Giovanni Fago.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".