Dune

Anno 10191. Infuria la battaglia tra la famiglia Atreides, di cui Paul è l'ultimo erede, "l'eletto", e gli Hakkonen per il controllo del pianeta Dune ricco di Spezia, una polvere dotata di poteri preternaturali.
    Diretto da: David Lynch
    Genere: fantascienza
    Durata: 137'
    Con: Kyle MacLachlan, Dean Stockwell
    Paese: USA
    Anno: 1984
6.1

Libro e film: le scuole di pensiero, a favore o meno della pratica, sono molteplici; chi scrive appartiene alla schiera contraria al confronto fra il romanzo e la sua trasposizione cinematografica come chiave di lettura critica.
A volte però, ciò è pressoché inevitabile, quasi fosse l’opera stessa a imporlo, soprattutto se l’oggetto del discorso è il capolavoro fantascientifico Dune, primo volume del ciclo “ecologico” scritto da Frank Herbert nel 1965 e l’omonimo adattamento del maestro David Lynch del 1984.

E così se nell’opera letteraria il fulcro narrativo è rintracciabile nel melange: mitica droga, o spezia, che conferisce enormi poteri mentali e bramata da molti per le sue caratteristiche combustibili, lo stesso non accade nel suo omologo cinematografico. Ciò che scorgiamo è sì un melange, ma di forme e di stili nel quale il bandolo della matassa si perde più volte, risultando spesso poco comprensibile ai più, tranne che ai fan del ciclo letterario.
Ne esce così un film piuttosto confuso, eccessivamente attaccato al suo modello letterario nelle soluzioni stilistico-narrative e funestato anche da incomprensioni all’interno della produzione targata Dino De Laurentiis nella quale si dice regnasse scarsa sintonia (il budget piuttosto limitato si scontrò con la voglia di grandezza di Lynch).
Solo l’incipit sembra cogliere la vera essenza del libro, essenza che però via via si perde. Le iscrizioni della principessa Irulan che precedono ogni capitolo dell’opera vengono ben rese infatti da un prologo incastonato in un primo piano narrante della stessa principessa, interpretata da Virginia Madsen, che ben restituisce quell’aura mitica al racconto.
Altre scelte, invece, risultano infelici, vuoi per l’eccessiva semplificazione: i sottili sprazzi di monologo interiore del romanzo servivano a interrogare l’io dei personaggi per comprendere meglio la complessità dell’universo Dune, mentre nel film il tutto è restituito superficialmente dall’uso multiplo di una voice over sussurrata; vuoi per esigenze produttive da cinema mainstream, che vedono il racconto come un neutro, anziché carico di ambiguità (come nel romanzo), percorso di formazione del giovane Paul Atreides, culminante nella scena madre della cavalcata in groppa al vermone, eccessivamente retorica.
Da notare inoltre, come il film segni la prima collaborazione tra Lynch e il suo attore feticcio di un tempo: Kyle MacLachlan, che meglio incarnerà le inquietudini del regista nei territori a lui più congeniali del noir, già a partire da Velluto Blu (sorprendenti infatti sono le somiglianze tra l’intreccio di quest’ultimo e Dune: la crescita di un giovane uomo, protetto e allo stesso tempo protettore di una madre intenta a salvare se stessa e suo figlio, in uno “strano mondo”).
In definitiva l’opera di Lynch denuncia diversi difetti, anche per colpe attribuibili ad altri, sia chiaro. Ciò che rimane è la sensazione di un “vorrei ma non posso”, e se non si arriva a parlare di spreco di talento e di risorse (formidabili le scenografie e superba la fotografia di Freddie Francis), ciò a cui ci si trova di fronte è un’occasione mancata. Ovvero quella di confrontarsi con un caposaldo della fantascienza moderna (perfino George Lucas ammise il suo debito d’ispirazione verso Dune per il suo Guerre stellari) che avrebbe ancor più contribuito al mito di una carriera, già di per sé straordinaria, come quella di Lynch.

A proposito dell'autore

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Ha fatto e fa cose che con il cinema non c’entrano nulla, pur avendo conosciuto, toccato con mano, quel mondo, e forse potrebbe incontrarlo di nuovo, chi lo sa. Potrebbe dirvi alcuni dei suoi autori preferiti, ma non lo fa, perché non saprebbe quali scegliere, e se lo facesse, cambierebbe idea il giorno dopo. Insomma, non sa che dire se non che il cinema è la sua malattia, la sua ossessione, e in fondo la sua cura. Tanto basta.