Un giorno come tanti

Provincia americana. Henry è un adolescente che si prende cura della madre in assenza della figura paterna. Un giorno i due incontrano Frank Chambers, uomo all'apparenza burbero. Frank viene accolto nella famiglia durante il periodo del Labor Day. Le loro vite cambieranno per sempre.
    Diretto da: Jason Reitman
    Genere: drammatico
    Durata: 111'
    Con: Kate Winslet, Josh Brolin
    Paese: USA
    Anno: 2013
5.3

Nel cinema americano è sempre una questione di famiglia. Padri (e madri) assenti, figli che cercano di riallacciare i rapporti con i genitori e viceversa, famiglie che si ritrovano e famiglie che si sgretolano, genitori che provano a trasmettere ai rampolli la loro conoscenza e il loro senso della vita.
Un giorno come tanti (Labor Day), quinto film di Jason Reitman, tenta di raccontare il “senso” di una famiglia al di là degli eventi della vita. Attraverso la convivenza forzata di una madre single e di un figlio tredicenne con un evaso che si stabilisce per un fine settimana in casa loro, si prova a raccontare quell’alchimia che lega le persone oltre la semplice parentela e consanguineità.

Fin dall’incontro “fortuito” nel supermercato, il rapporto che si instaura fra i tre possiede infatti un’indefinibilità e un’alchimia di fondo che non si spiegano con il disagio della situazione vissuta da Adele Wheeler e dall’adolescente Henry: la presenza dell’uomo marchia a fondo le loro vite e spezza una consuetudine che pareva inesorabile. Il teatro dei ruoli con la sua logica sequestratore-vittime diventa man mano teatro delle emozioni, ma la cosa pare “in nuce” non appena Frank entra nelle vite di coloro a cui dapprima chiede semplicemente aiuto. L’incontro fra queste anime è presentato come se fosse scritto nel loro destino.
La sensazione, però, è che si voglia dire troppo con troppo poco. La cifra artistica di Jason Reitman è abbastanza vaga: la varia riuscita (o meno) dei suoi film precedenti, dall’esordio con Thank You for Smoking ai successivi Juno, Tra le Nuvole e Young Adult testimonia di una personalità registica nel suo complesso impalpabile, quando non mediocre.
Ravvisare una qualità di fondo che distingua il figlio del regista di Ghostbusters da altri filmmakers hollywoodiani è verosimilmente impossibile. Trovare poi un “fil rouge” che leghi i titoli della sua ancora giovane carriera è impresa improba per chiunque. Come ne I Ponti di Madison County (1995), la sospensione momentanea del normale corso di vita (le vicende di Henry, Adele e Frank si svolgono durante la festività del Labor Day, che ha luogo il primo lunedì di settembre) conduce alla formazione di una coppia ideale che vivrà il resto della sua storia in forma di separazione, oltre che ad un cambiamento definitivo nella vita del giovane Henry.
Ma accostando l’alternanza di slanci, paure e sensi di colpa dei protagonisti del film di Clint Eastwood con la monotonia delle palpitazioni di questa vicenda, l’effetto è stridente. Anziché problematizzare e drammatizzare i rapporti tra i protagonisti, Un giorno come tanti si incaglia nell’apologia della loro aderenza allo stereotipo. Una donna cerca (e trova) un compagno, un figlio (ri)trova un padre. Con il risultato di un patetismo molto di maniera.
In assenza di uno sguardo originale a sostenerlo, Un giorno come tanti perde per strada i suoi motivi di interesse. Lo scarso successo del film pare comunque indicare come per una volta anche il pubblico se ne sia reso conto.

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Ha una foto di famiglia: Lang è suo padre e Fassbinder sua madre. John Woo suo fratello maggiore. E poi c'è lo zio Billy Wilder. E Michael Mann che sovrintende, come divinità del focolare. E gli horror al posto dei giocattoli. Come sarebbe bello avere una famiglia così...