Razzabastarda

Roman, un immigrato rumeno giunto in Italia 30 anni è uno spacciatore con figlio a carico, Nicu. Il desiderio di Roman è che suo figlio abbia un futuro migliore.
    Diretto da: Alessandro Gassman
    Genere: drammatico
    Durata: 106'
    Con: Alessandro Gassman, Michele Placido
    Paese: ITA
    Anno: 2013
7.4


Razzabastarda, il film d’esordio di Alessandro Gassman come regista, è stato tratto dalla piece teatrale Cuba and his Teddy Bear di Reinaldo Podov.

Il prodotto filmico, quasi interamente in bianco e nero, costringe lo spettatore ad immergersi in una tetra visione della realtà, in cui la condizione sociale (e quella umana in maniera consequenziale), è la marca da bollo impressa sulla fronte di ognuno.
Nascere in un paese dell’Est, in questo caso specifico, comporta dover lottare per se stessi, per i propri figli, per la propria dignità. Questo è quel che a Roman (Alessandro Gassman) viene richiesto per difendere e tutelare Nicu.

 

Sacrificare la propria vita frequentando cattive compagnie, spacciando droga, conoscendo solo l’uso della violenza verbale e fisica è tutto quel che resta a un genitore costretto ad investire tutto quel che guadagna affinchè suo figlio, ancora un ragazzino, possa condurre un’esistenza migliore.
Da un lato c’è l’attaccamento disperato alla fede visitando una Madonna ripresa dall’alto che sembra dominare, proteggere e controllare; dall’altro c’è la bassezza di un uomo che non si sente protetto o aiutato e che rabbiosamente aggredisce e insulta. Due facce della stessa medaglia; proprio come il bianco e nero: il bene e il male, la luce e il buio.
Come se l’essere umano dovesse pagare le conseguenze anche di quel che, in realtà, non è dettato da una sua diretta responsabilità. Perchè Nicu dovrebbe vergognarsi della sua genesi e nascondere le sue radici più profonde? A questa domanda non c’è una risposta definita e concreta.
Ma è chiaro che sia così: i preconcetti e l’indifferenza delle altrui persone inducono inevitabilmente a sentirsi un reietto, un misero derelitto abbandonato al proprio destino senza che alcun Santo in Paradiso riesca a salvarti. Perchè, ipocrisia a parte, è questa la vera tragedia: se nasci tondo non muori quadrato e come disse Albert Einstein “E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio!”.
Il clima iroso e brutale del film è contornato da un flusso inesauribile di parolacce che accrescono la veemenza del messaggio ma ne decostruiscono il senso poetico. Non è rilevante l’utilizzo di una cattiva parola affinchè si comprenda che uno straniero possa essere poco istruito e rozzo o un acculturato uomo di spicco.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Nata a Napoli, laureata in Conservazione del beni demo-etno-antropologici, con sotto indirizzo in Musica e Spettacolo. Dall'antropologia al cinema, passando per fotografia e documentarismo, queste le sue passioni e i suoi vizi!