Hors Satan

Nella profonda provincia francese, un ragazzo va in giro a compiere miracoli, una ragazza lo segue in una lenta peregrinazione. Alla ricerca del senso e dell'assoluto.
    Diretto da: Bruno Dumont
    Genere: drammatico
    Durata: 110'
    Con: David Dewaele, Alexandra Lematre
    Paese: FRA
    Anno: 2011
7.8

Bruno Dumont torna sui suoi passi, infliggendo continuamente ai propri personaggi la legge di una natura espressivamente connaturata agli istinti più barbari e disumani, facendo così emergere, in modo ancora più lampante, l’umanità di volti, paesaggi, suoni, rumori, prospettive lontane ed imperscrutabili. Ma anche fornendo l’ennesimo saggio formalista sul suo cinema, che riprende solo superficialmente i temi di Robert Bresson e Pier Paolo Pasolini.


E’ un cinema non conciliato e rigoroso quello di Bruno Dumont, e Hors Satan non fa eccezione. In Hors Satan, presentato nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes, nel 2011, ci troviamo in un luogo imprecisato della provincia francese, in piena campagna, in cui un ragazzo che sembra essere l’incarnazione dell’anticristo, vaga compiendo strani miracoli, aggirandosi tra le case di persone semplici, per portare il suo tocco divino. in Hors Satan non succede molto altro, a Dumont la storia, intesa come pilot narrativo, non interessa quasi per niente ed è proprio per questo che il suo sembra un cinema religioso.

Dumont gira come nessun altro oggi, senza attori di richiamo, con volti presi o dalla strada o dal cinema indipendente, piani sequenza quasi sempre fissi, pochissimi movimenti di macchina, e quando ci sono, conferiscono senso ad ogni singolo elemento del paesaggio che, in questo cinema (e Hors Satan non fa differenza), è sempre spoglio, ruvido, dismesso, un luogo neutrale, per cui la campagna francese potrebbe essere un luogo dove il volto di Dio sembrerebbe presentarsi ad ogni angolo.

 

 

Dumont filma i volti, lavora sul sonoro in presa diretta, senza applicare alcuna colonna sonora, togliendo piacere alla visione, considerando il cinema come una forma primordiale di scrittura per immagini sui volti degli attori. Secondo il regista francese, (lo spiega nelle intervista), il paesaggio rappresenta l’interiorità del personaggio, dell’attore chiamato ad interpretare non un ruolo, ma se stesso, l’essere umano che, il più delle volte, secondo la filosofia nichilista del regista, è in balia dei propri istinti. Hors Satan è un film dal rigore espressivo cristallino, che farebbe impallidire qualsiasi altro autore di cinema. Il problema è che questo tipo di cinema così evidentemente formalista, antoniniano nella filosofia di visione, vuoto nei contenuti, perché non raffigura nessun mondo narrativo, rischia di diventare calligrafia fine a se stessa, senza offrire nessun discorso sulle immagini ma, semplicemente, mostrando la realtà bruta del filmare. Dumont è come quei pittori che dipingono sempre lo stesso vaso con fiori, è un poeta decadente, in Hors Satan convivono Bresson e Pasolini, ma senza la pietas del primo e accentuando il pessimismo deterministico del secondo.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).