Cave of Forgotten Dreams

Il regista tedesco Werner Herzog ottiene il permesso dal Ministero della Cultura Francese, di entrare nella grotta Chauvet, scoperta nel 1994 dallo speleologo Jean-Marie Chauvet, per realizzare un documentario. La grotta, infatti, contiene 500 pitture rupestri, che pare risalgano a 32000 anni fa. Un'occasione unica.
    Diretto da: Werner Herzog
    Genere: documentario
    Durata: 90'
    Con: Werner Herzog, Jean Clottes
    Paese: CAN, USA
    Anno: 2010
7.7

In Cave of Forgotten Dreams (2010) Werner Herzog esplora la Grotta Chauvet in Francia, uno dei più importanti ritrovamenti archeologici della storia che contiene le più antiche immagini mai trovate e create dall’uomo.

Partendo dalla sua scoperta avvenuta nel 1994, il regista tedesco si immerge per la prima volta usando la tecnologia 3D e ci fa immergere con la sua voce all’interno di un microcosmo rimasto incontaminato per più di 30.000 anni, un tesoro di roccia nascosto e preziosissimo che Herzog narra con la consueta epica filmica.
Se recentemente il cinema ha riaperto il tema sul cinema del reale e continua a far emergere la differenza tra documentario e fiction, per Herzog questa differenza pare non esserci mai stata. Cave of Forgotten Dreams, nella stessa misura di opere come Grizzly Man (2005), L’ignoto spazio profondo (2005) e Incontri alla fine del mondo (2007), è un viaggio incatalogabile e affascinante.
Quando la macchina da presa entra nella Grotta Chauvet e mostra i suoi segreti, lo spettatore è colpito dalla meraviglia che si trova all’interno, (ri)scoprendo lo stupore della Visione Primaria: la stessa fanciullesca sorpresa che un veterano come Herzog prova davanti ai disegni. Le pitture impresse sulle pareti della grotta rappresentato una delle più belle sensazioni che il film riesce a trasmettere. Una grotta che è un set dove il tempo si è fermato, dove le immagini che la animano sono immortali, un luogo indefinito dove l’arte umana potrebbe essere cominciata.
E il regista di Aguirre, da grande uomo di cinema, non può non far risalire quelle immagini che sembrano storie in movimento e quelle pareti traslucide che paiono grandi schermi, all’origine della settima arte: questa è la riflessione che più rimane impressa e sconvolge chi guarda.
E’ l’idea di un proto-cinema (come Herzog stesso definisce) già presente nell’uomo preistorico: come se l’arte di raccontare per immagini in movimento fosse caratteristica innata dell’essere umano, un bisogno primordiale che la grotta dei sogni dimenticati ha ospitato per la prima volta.
Non solo cinema, perché la memoria della grotta porta con sé gli albori della scultura e della pittura, di simbolismi e miti che ancora oggi a distanza di tempo tengono occupate le menti degli uomini del presente.
Herzog crea un ancestrale collegamento tra l’umanità di quel passato preistorico e noi stessi. I primi si sono fatti a loro insaputa, precursori che trasmisero un’idea di cultura che noi continuiamo a cercare e a realizzare il meglio possibile. Immagini dalla preistoria che si sono mutate stando ferme: significati che hanno attraversato i secoli, nate una cosa, arrivate a noi in modo diverso. Ma condividendo lo stesso “sense of wonder”.

A proposito dell'autore

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20 anni, diplomato al liceo linguistico. La passione per il cinema lo ha travolto dopo la visione di Pulp Fiction. Ha frequentato un workshop di critica cinematografica allo IULM. I sui registi di riferimento sono Tarantino, Fincher, Anderson, Herzog e Malick. Ama anche anche il cinema indie di Alexander Payne e Harmony Korine. Oltre che su CineRunner, scrive anche su I-FilmsOnline.