Uno sparo nel buio

Una cameriera viene accusata di aver ucciso il suo amante. Tutti gli indizi sono contro di lei. Ma l'Ispettore Clouseau non crede a questa tesi e indaga, combinando un disastro dietro l'altro.
    Diretto da: Blake Edwards
    Genere: commedia
    Durata: 102'
    Con: Peter Sellers, Elke Sommer
    Paese: UK, USA
    Anno: 1964
7.8

Blake Edwards tenta di mescolare i due piani narrativi: la crime story della cameriera accusata di aver ucciso l’amante latino, e le scorribande comiche legate alla figura dell’Ispettore Clouseau.
Il mix gli riesce a metà, ma l’atmosfera è talmente curiosa e sui generis che lo spettatore è spiazzato. Non sa se ridere o chiedersi come va a finire la storia e alla fine le gag di Sellers/Clouseau rimangono come delle perle incluse in una struttura narrativa che si dipana come una sinfonia stridula governata da uno straordinario Direttore d’Orchestra, quale è Edwards.

A Shot in the Dark (Uno sparo nel buio, 1964) finisce così, con l’intero gruppo dei sospettati che muore in circostanze del tutto fortuite, così da lasciare il dubbio su chi sia stato. Ma a Edwards interessa fino ad un certo punto sapere chi è il colpevole, perché per tutta l’ora e mezza di questa commedia gialla il personaggio centrale rimane quello di Sellers e le sue peripezie con il Caso, il grottesco, la sue manie, il suo senso del ridicolo, la sua capacità di accettare la situazione più impossibile (la scena nel campo dei nudisti).
Questa era la comicità di Edwards, il congegno narrativo che poi si sarebbe perfezionato solo nel classico del catastrofismo The Party (Hollywood Party, 1968), vera e propria perla del genere dove ogni singolo elemento del quadro narrativo andava al suo posto, in una partitura precisa come un orologio svizzero.

 

Il senso per l’assurdo di Edwards in Uno Sparo nel buio consente al regista di far digerire allo spettatore situazioni che messe nelle mani di altri registi non avrebbero avuto lo stesso effetto.
In Edwards la moltiplicazione degli sguardi è il verbo che connette la struttura scenografica ad una narrazione molto complicata dove la forte dialettica tra Clouseau e il suo Superiore Dreyfus fa da motore per l’intera vicenda comica.
Nella scena finale dove Clouseau tenta di spiegare la sua tesi sul crimine nella dimora/luogo del delitto, davanti a tutti i sospettati finisce genialmente nel caos, dove i nodi vengono al pettine e tutti finiscono per accusarsi a vicenda. Quando la luce se ne va l’intrigo giallo finisce nel peggiore dei modi.
La decisione di Edwards eliminare tutti è talmente repentina da sembrare solo l’ennesimo sberleffo dato dalla proverbiale non chalance di Clouseau, un uomo che, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe capace di distruggere il mondo intero con un semplice soffio del vento.
Uno sparo nel buio ha fatto da modello comico per i decenni a venire e se oggi nella commedia sboccata e triviale dei giorni nostri nessuno sente più il bisogno di confrontarsi con questo modello, significa che il mondo è certamente cambiato, ma anche la mentalità degli sceneggiatori, che non si basano più sulla genialità della situazione, ma sull’accumulo (non più credibile) di trovate tese all’annullamento del personaggio.
Edwards sapeva anche fare cinema muto. La scena iniziale lo dimostra e ne certifica il timbro di una gloria pressoché eterna.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).