Il curioso caso di Benjamin Button

Benjamin Button è uno strano caso umano: nasce come bambino pieno di rughe e muore giovane. La sua esistenza sarà costellata di incontri inconsueti.
    Diretto da: David Fincher
    Genere: drammatico
    Durata: 159
    Con: Brad Pitt, Cate Blanchett
    Paese: USA
    Anno: 2008
7.4

Questa volta a David Fincher è riuscita l’impresa di mettere d’accordo critica e pubblico negli Stati Uniti (successo al botteghino per un film non facile che dura quasi tre ore e 13 nomination agli Oscar), ma allo stesso tempo è riuscito per l’ennesima volta a disattendere le aspettative che volevano Fincher “regista dei serial killer”.
Il curioso caso di Benjamin Button infatti non è una delusione, benchè fosse la prima volta che il suo autore si cimentava con una matassa partorita direttamente dal suo background, ovvero il noir e, nella fattispecie il noir urbano decostruito e fiammeggiante, visionario e implosivo. Il film precedente, Zodiac in concorso a Cannes 2007, aveva stupito perchè era l’altra faccia della medaglia di Seven, l’involucro estetico che mancava ad una struttura ellittica impeccabile, è per questo che Zodiac andava oltre il solito lavoro di rielaborazione nella dicotomia investigatore/assassino.

Ne Il curioso caso di Benjamin Button c’è uno strano odore di morte, un attore come Brad Pitt di solito abituato a fare l’istrione viene chiamato ad un delicato lavoro di sottrazione, una struttura che fa venire in mente il Big Fish burtoniano, con le memorie del vecchio padre cantastorie che vengono narrate in forma fiabesca. Qui abbiamo Julia Ormond che narra la vicenda di Benjamin Button dal diario della madre morente Cate Blanchett. Quello che decreta il flusso degli eventi è ciò che scardina il movimento del tempo come ordine precostituito e quindi lo determina seguendo un diverso approccio alla materia. La luce sbiadita carica gli eventi di un tono diafano da fiaba senza tempo che si adagia sul volto di Tilda Swinton, vero e proprio momento topico dell’intero film. Lo scarto tra i due scenari del film, quello odierno e quello storico è abbastanza stridente e rende il film ancora più silenzioso e aspro, una discesa danzante verso il territorio del mélo.

Fincher non può dirsi certo della riuscita del suo film, come non potrà mai dirsi completamente certo che il significato tecnico-linguistico di un suo film, che dirige il suo sguardo verso il territorio dell’ombra concepito come una solitaria partitura, si arrenda all’inevitabile eclisse di un immaginario già consumato. Che l’Academy gli dia ragione o no, chi vorrebbe mai vedere un David Fincher oscarizzato? Il genio che ha partorito film abnormi e incredibili che sorpassano i nostri tempi come Zodiac e Il curioso caso di Benjamin Button avrebbe un ulteriore barriera da eludere per continuare a sorprenderci.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).