Ready Player Ore

Futuro prossimo. Wade Watts è un giovane che vive nel quartiere degradato delle “cataste”, trascorre il suo tempo connettendosi all’universo virtuale di “Oasis”, un’immensa piattaforma di videogioco, cui hanno accesso milioni di cittadini. Il creatore di “Oasis”, Hallyday, morto pochi anni prima, ha lasciato in eredità una particolare caccia al tesoro all’interno di Oasis. Watts partecipa al gioco, ma sulla sua strada troverà dei competitori estremamente agguerriti, che bramano la vittoria tanto quanto lui.
    Diretto da: Steven Spielberg
    Genere: fantascienza
    Durata: 140
    Con: Tye Sheridan, Ben Mendelsohn
    Paese: USA/INDIA
    Anno: 2018
7.4

Quando il cinema di genere deve fare il suo dovere allo stato puro, non si va a chiedere a Snyder, Joss Whedon, J.J. Abrams, Jon Favreau, i fratelli Russo. Il discorso filmico in questo caso richiede una partecipazione di stampo classico tale da richiamare un contesto di altro genere, rispetto ai registi postmodernisti. In questo contesto il lavoro sul genere fatto da Steven Spielberg nel 2018 con Ready Player One resta di sorprendente duttilità estetica, intesa tra classicità e innovazione.

Ready Player One è un’opera capace di condensare la ansie e le terminologie ludiche, para-artistiche, e anche quelle pseudo intellettualoidi, in modo estremamente scarno, lucido, utilizzando la depsicologizzazione in modo catartico. Il film non è scritto da Spielberg stesso, e si sente, perché l’autore de Lo squalo (Jaws, 1975) da sempre è concentrato su una direzione degli attori secca e una costruzione spaziale delle scene che restano impresse in una matrice di campi lunghi e totali degni di un Blake Edwards o di un John Huston, o di un David Lean.

Il linguaggio di Ready Player One è naturalmente intriso di termini giovanilisti solitamente avversi al pubblico dei più maturi, difatti la loro prima impressione a riguardo, potrebbe essere di netto rifiuto, come è successo al sottoscritto, che ha avuto bisogno di una seconda visione per apprezzare al meglio tutti i dettagli di un’opera a matrice linguistico-visiva estremamente condensata di luoghi, spazi, caratteri, mondi anche opposti tra di loro, caratterizzata soprattutto da un ritmo mozzafiato.

Il cinema di Spielberg resta un universo visivo fondato sull’impeto epico dove la difesa dell’idea di progresso è dipesa dalla forza degli uomini, per abbattere le barriere dei despoti, in una dicotomia bene/male sempre dichiarata dal regista stesso.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).