La favorita

Agli inizi del 1700 l'Inghilterra è in guerra contro la Francia. La regina Anna è troppo debole per governare in modo autonomo e viene coadiuvata dall'amica Lady Sarah Churchill. Quest'ultima detiene, di fatto, il potere. Quando a corte arriva la nobile decaduta Abigail Masham i rapporti tra le due donne cambiano. Abigail sarà in grado di suscitare un profondo fascino nei confronti della regina.
    Diretto da: Yorgos Lanthimos
    Genere: storico
    Durata: 119
    Con: Olivia Colman, Rachel Weisz
    Paese: UK, USA
    Anno: 2018
6.9

Difficile credere all’arte del depistaggio. La favorita di Yorgos Lanthimos rimane l’ultimo lascito di un cinema che decostruisce senza creare forme nuove, riattando con grande sagacia le forme del passato, prendendo un cast di alto livello e calibrandolo verso l’annientamento reciproco. Per poi riprendere il discorso narrativo utilizzando gli spazi vuoti come vettori di un senso ulteriore e altro. E’ il cinema che pretende dallo spettatore un patto a priori sull’utilizzo di forme classiche rivisitate alla luce di una composizione sonora dell’immagine.

Al termine della proiezione la sensazione che dà La Favorita è di totale impossibilità nel discernimento dell’opera, ci si sente spiazzati, destabilizzati, riportati ad uno stato di veglia in-cosciente dopo che una coltre di nebbia ha obnibulato lo sguardo. Lanthimos avvia questo stato di ebbrezza cosmica fin dall’inizio, come un prestidigitatore, un artista circense, a cui a volte basta usare una focale a occhio di pesce per lasciare allo spettatore la sensazione di uno sgomento, dove il lascito estetico supera la resa immaginifica immediata. Ci si avvale di un giudizio a posteriori, l’eleganza rimane racchiusa nelle gole di una partitura ammiccante, dai ritmi e dallo stile oltraggiosi e sempre infelici. E’ l’infelicità di un’epoca quello che interessa al cineasta greco.

Non ci sono giochini prospettici, le ferite inferte allo sguardo rimangono non rimarginate, l’eros rimane parlato o sullo sfondo, tutto il raccapriccio e il senso di sgomento viene inserito nel grandangolo della smorfia nell’eternità del non luogo a procedere di emozioni rimaste fedeli ad una prospettiva di incerto evolvere.

Ovvio, senza un parco attori di serie A, tutto il teatro dell’assurdo concepito da Lanthimos cade. E infatti, Olivia Colman, Rachel Weisz e Emma Stone, Nicholas Hoult, danno vita ad una sciarada senza esclusione di colpi che vira al punto di non ritorno di una congiuntura estetica anomala e sontuosa. Tutta la sceneggiatura è in punta di penna e la regia riesce a toglierla dalla pagina. Questo fa pensare anche ad un lungo lavoro pre-scenico con gli attori, dove il teatro delle scelleratezze viene simulato per poi venire ripreso sulla scena cinematografica, già postuma, con la rimembranza di una disputa interna giocosa e lasciva.

In ultima istanza: dove va a parare questo cinema? Quali lidi estetici tocca? Non si riesce a dare una risposta. Il gioco teatrale camuffato da cinema-cinema resta primigenio al mondo-cinema stesso. La Favorita merita così una re-visione a mente fredda, un ri-vedere e un ri-collocare i gesti come se si potessero scomporre in tanti piccoli tasselli pieni di grazia sulfurea.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).