L'efferato omicidio di 3 giovani studentesse sconvolge Londra. La polizia sospetta del professor Rosseni. Quest'ultimo, per scagionarsi dalle accuse, inizia le indagini per conto suo. Arriverà a sorprendenti conclusioni.
Diretto da: Massimo Dallamano
Genere: thriller
Durata: 103'
Con: Fabio Testi, Cristina Galbò
Paese: ITA, GER. OVEST
Anno: 1972
Lei è un po’ ritrosa, quando si tratta di andare al dunque in amore: sarà la giovane età, è solo una studentessa. E l’uomo in barca che l’abbraccia e la bacia, è un professore d’italiano che insegna nel suo collegio londinese, Enrico Rosseni (Fabio Testi).
Così, quando Elizabeth (Cristina Galbò) si ritrae e lancia un urlo, dicendo di aver visto un coltello, Enrico pensa che sia solo una scusa. Effettivamente, però, in riva al fiume viene trovato il cadavere di una giovane ragazza, un’altra studentessa: pugnalata alla vagina. Non sarà l’ultimo, mentre il collegio si rivelerà più torbido del Tamigi ed il professore finirà per una serie di circostanze a fare da sospettato prima, da detective poi, al fianco di una moglie incline a perdonare le scappatelle (Karin Baal) e ad un ispettore che brancola nella nebbia (Joachim Fuchsberger).
LA SPIATA NELLA DOCCIA – Per il regista milanese Massimo Dallamano, noto al tempo soprattutto per il buon riscontro dell’erotico Il dio chiamato Dorian (1970), Cosa avete fatto a Solange? era il primo film della cosiddetta trilogia delle studentesse, che proseguirà con La Polizia chiede aiuto (1974) ed Enigma Rosso (1978), quest’ultimo per la regia di Alberto Negrin ed ancora con Fabio Testi protagonista.
Per costruire intorno all’attore, reduce soprattutto dal western, il clima da “krimi” autunnale, Dallamano si vale intanto di un cast tecnico di tutto rispetto: Ennio Morricone alle musiche, Aristide Massaccesi (alias: Joe D’Amato) alla fotografia virato seppia, con i titoli di coda in rosso ed i flashback in un bianco e nero espressionistico.
Attorno al sex symbol maschile, aggiunge poi un formulario sessuale che oscilla dalla metafora misogina della pugnalata alle pudenda (a cui si contrappunta anche una sequenza con un minaccioso spillone), a tutta la morbosa carnalità lesbo-teen, delle santarelline non poi così sante.
Di là di momenti comprensibilmente audaci, in cui i corpi acerbi delle ragazze sono denudati perché strategicamente esposti a qualche insidia o a qualche desiderio, non mancano più insistite sequenze sotto la doccia, con l’occhio di un misterioso voyeur che sbircia con spasmo lo spettacolo.
Eppure – ed è una sottigliezza sorprendente – ad ascoltare con attenzione i dialoghi tra le ragazze, senza farsi distrarre da troppa grazia, viene il sospetto che qualcosa di maniacale ci sia in chi è spiato, piuttosto che in chi spia: le ragazze si blandiscono, hanno sguardi d’intesa, sembrano untuose come un sapone grasso.
SEMBRA UN ANGELO CADUTO – L’ambiguità dei propri personaggi, ed in particolar modo del gruppo delle collegiali, è infatti il carattere più convincente di Cosa avete fatto a Solange?, assieme ad un’attenta tempistica dei colpi di scena: due aspetti che vanno a braccetto, perché l’infittirsi del mistero ed il disvelarsi di taluni particolari modifica come un chiaroscuro la fisionomia dei protagonisti, ritagliando alternativamente la sagoma sospettata del carnefice o della vittima.
Il gioco funziona perché i personaggi su cui si appunta il sospetto sono presunti deboli, presunti innocenti: preti, innamorati, fanciulle. Le giovanissime supportano con interpretazioni funzionali al clima complottistico: se Elizabeth/Cristina Galbò è un autentico emblema d’innocenza da violare, con un destino da Ofelia, Camille Keaton (qualche anno dopo protagonista del cult Non violentate Jennifer) è una splendida e vacua Solange, col vestito a fiori rossi che maschera il corpo da sedicenne profanata e quell’innocenza da angelo caduto pronta a trasformare il trauma subito in trauma recato.
Nonostante dia il titolo al film, compare assai tardivamente (negli ultimi 20 minuti!), a dimostrazione della capacità di accelerare rispetto al ritmo burocratico del semplice poliziesco da commissariato: compare, cioè, quando l’alone di mistero sa di rancido, d’efferato.
Partito da suggestioni letterarie (The Clue of the New Pin, 1923, di Edgar Wallace) e cinematografiche (la scena iniziale della testimone inconsapevole che potrebbe far pensare a L’uccello dalle piume di cristallo), Cosa avete fatto a Solange? si scrolla presto di dosso il “derivativo”: il debito con Dario Argento s’inverte già nell’impeccabile sequenza dell’assassinio nella vasca, col killer in soggettiva, la macchina a spalla, il giradischi che suona ed il voyeurismo dell’intruso che precede l’attentato fisico, con l’immagine della ragazzina che appare in uno specchio, tra gli stipiti, mentre regge – raffinato presagio cromatico tra le piastrelle da arts and crafts – un asciugamano rosso.
Raffinato sia nel racconto che nella visione, dunque, pur senza ricadere nell’onirismo del thriller italico d’inizio anni settanta (quello spietato d’Argento, quello erotizzante di Martino, quello orrorifico di Fulci), il film di Massimo Dallamano s’impone come una delle più meticolose costruzioni di giallo morboso, al punto da essere stato inserito nella rassegna Il cinema segreto italiano del Festival di Venezia 2005 in versione restaurata.