Picnic ad Hanging Rock

Agli inizi del '900 in Australia, nell'aristocratico collegio di Appleyard, un gruppo di studentesse, accompagnate dalle istitutrici, si reca in gita nei pressi di un complesso roccioso, chiamato Hanging Rock. Alcune ragazze e una istitutrice scompariranno misteriosamente.
    Diretto da: Peter Weir
    Genere: horror
    Durata: 115
    Con: Rachel Roberts, Anne-Louise Lambert
    Paese: AUS
    Anno: 1975
8.5

Il film più spaventoso della Storia del cinema. Forse non molti sarebbero propensi a definire così Picnic ad Hanging Rock (1974) di Peter Weir. Essendo il genere horror cannibalizzato dalla retorica USA di opere quali L’Esorcista di William Friedkin e Non aprite quella porta di Tob Hooper, per non parlare del gore-splatter che sarebbe arrivato in seguito con le saghe di Nightmare e Venerdì 13 e Saw, un film come quello di Weir appare come uno strano ufo. Niente sangue, scene di delitti cruenti, nessuna colonna sonora che faccia scattare in piedi lo spettatore, timbrando la scena con un tono imperioso e solenne.

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Il film di Peter Weir nasce da un libro tratto da una storia vera. All’inizio del 1900 le giovani studentesse di un college australiano si recano, insieme alle istitutrici, nella zona di Hanging Rock. Per cause mai del tutto chiarite alcune studentesse misteriosamente scompaiono. Il film segue la vicenda attraverso uno stile spoliato e classico, privilegiando le lente carrellate, utilizzando la scenografia naturale del luogo e compiendo un miracolo stilistico raro, sibillino. Peter Weir fa grande cinema senza farsi troppo notare e questo è forse il motivo della sua straordinaria strategia “appartata”, da Dead Poets Society (L’attimo fuggente, 1989)) a The Truman Show (1998) fino a Master & Commander  Sfida ai confini del mare (2003) e all’ultimo non capito The Way Back (2011).

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Cinema politico dunque, mai riconciliato e mal capito. Meglio. Per Peter Weir non c’è mai stata canonizzazione autoriale. Il regista australiano ha sempre potuto fare cinema con la libertà di chi sa di poter rivoltare il mondo avendo a disposizione pochi mezzi e molte idee. Picnic ad Hanging Rock è il suo film più irreale e allucinato, quello dove i silenzi e le increspature sonore generano l’aria malsana di una disputa tra cielo e terra, dove alla fine è proprio lo spettatore a rimanere solo con i propri incubi, che emergono nel buio di immagini rarefatte e spettrali. Questo significa generare il terrore puro con la consequenzialità onirica di “immagini trapassanti”, che rivoltano il punto di vista di chi è inquadrato prendendo di petto le emozioni dello spettatore.

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Se il terrore è una dimensione arcana e arcaica del visivo Picnic ad Hanging Rock costituisce un illustre avamposto della psichedelia anni ’70, epoca in cui tutto era concesso. L’opera di Weir assorbe la luce del tempo per farsi enigma atempore, canto flebile di una giovinezza appena assaporata. Le ombre di morte delle fanciulle scomparse ritorano ogni volta nella scena durante la seconda parte, quando si assiste al tentativo di disvelamento dell’enigma, apparentemente indecifrabile. La verità nel film di Weir forse è nel punto di vista rovesciato, è un “memento cinema” che si può leggere tra le righe come la traccia di una memoria ancora tutta da ricostruire. E tutto questo Weir si può permettere di raccontarlo con un’economia di mezzi che salta all’occhio e rivela una dimensione autoriale che forse a distanza di quasi 40 anno appare oltraggiosamente dimenticata.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).