A prova di morte

Stuntman Mike è un killer molto particolare che gira a bordo della sua micidiale auto da stuntman.
    Diretto da: Quentin Tarantino
    Genere: azione, thriller
    Durata: 114'
    Con: Kurt Russell, Zoe Bell
    Paese: USA
    Anno: 2007
5.9

Grindhouse, una volta rivisto in una traiettoria di genere, in questo caso l’horror, è il salto nel nulla di Tarantino, il primo slasher a base di donne e automobili. Kurt Russell dichiratamente fuori luogo (come avevo detto) ma non fuori fase, perché se è da quando aveva fatto Fuga da Los Angeles che non raggiungeva livelli di spregiudicatezza tale, allora significa che Tarantino e Carpenter hanno davvero qualcosa in comune. Si possono perdonare i dialoghi torrenziali? Forse no.


Tarantino ha voluto correre il rischio fino alla fine. E il suo papero là davanti al cofano dell’auto è una trovata geniale e lisergica. In pochi hanno creduto ad una paccottiglia densa, levigata, slavata e mirabolante come Death proof, ma dopo quel kolossal thurmaniano che era Kill Bill Tarantino ha voluto mostrare di essere fatto di una pasta dura e irrequieta, e ha riverticalizzato quel tipo di cinema che era stato sepolto ai tempi di Le Iene, rivestendolo di tutto punto, mascherandolo facendo assorbire agli spettatori ignari come un giocattolo in fondo divertente, per poi rivelare la sua vera natura quando esplode in faccia rivoltando il tempo e lo spazio.

Allora, se la prima visione era stata influenzata dall’incognita sospesa del dopo-Kill Bill (film che continuo a disprezzare, non per motivi estetici, in quanto il film è girato pressochè in maniera perfetta, quanto per una semplice scena che per quanto mi riguarda riesce ad annullare tutto il film nella sua interezza, perchè ne svela gli epigoni più profondi: il monologgo di Bill sul fumetto di Superman), la seconda riprende quei motivi diegetici, siderali per cui l’occhio, come in Un chien andalou di Bunuel, viene tagliato e aperto per generare l’oltre confine (Ghezzi docet) visto e oltrepassato in The sorcerer (Il salario della paura), capolavoro della maturità di William Friedkin. Ovvero, si prende un cinema, lo si rivolta e lo siriconfigura in una nuova espressione, in un’epitome figurativa in cui l’immagine stessa si ribella al suo creatore e si fonde in un’altra ancora in divenire, quella del nuovo cinema paradiso/inferno di Tarantino. Se alcuni pensavano che l’elogio della maternità di Kill Bill avesse consegnato agli spettatori un Tarantino riappacificato, con Death proof il sangue è tornato ad essere essenza di un nuovo cinema forse mai visto prima.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).