American Hustle L'apparenza inganna

1978. Irving Rosenfeld e Sydney Prosser, sua inseparabile compagna d’affari illeciti e d’amore, sono due piccoli truffatori. I loro affari vanno a gonfie vele, ma dietro l’angolo c’è largente dell’FBI Richie DiMaso che farà di tutto per incastrarli.
    Diretto da: David O. Russell
    Genere: drammatico
    Durata: 138'
    Con: Christian Bale, Amy Adams
    Paese: USA
    Anno: 2013
7.5

Piaccia o meno, non si può negare che David O. Russell abbia trovato un suo modo personale di fare film, dopo un inizio di carriera travagliato sia dal punto di vista artistico che personale, a causa di liti sul set con gli attori e incomprensioni con le major.
Con The Fighter (2010) prima e Il lato positivo (2012) poi, Russell si è scoperto ottimo artigiano di un cinema semplice e diretto, grazie soprattutto al lavoro con attori spesso in stato di grazia, che sono sempre riusciti a trasformare personaggi che sulla carta non avevano molto da dire. Si tratta di pellicole certamente non memorabili e imbevute di un certo carattere ruffiano che l’Academy e la critica americana hanno puntualmente premiato: operazioni comunque godibili e coerenti tematicamente e stilisticamente con un’idea di cinema schietto che parla direttamente ad un pubblico che non  pare aspettare ogni volta il capolavoro d’autore.

Con American Hustle – l’Apparenza inganna (2013), Russell realizza il suo film migliore e più compiuto, privo dei difetti dei film precedenti. Immerso in un’atmosfera e una messa in scena vintage, American Hustle prende spunto dalla reale vicenda del caso Abscam, operazione dell’FBI effettuata alla fine degli anni ’70 per incastrare politi ci e mafiosi corrotti.
In American Hustle tutti i protagonisti mentono per sopravvivere, recitano una parte, appaiono finti davanti agli altri e a se stessi. Con la necessaria ironia il film evidenzia come i personaggi si nascondano dietro trucchi e parrucche kitsch per occulatare una condizione truffaldina che li metterebbe in seri guai.
Oltre allo scherno con cui è raffigurato il periodo storico messo in scena, il film può contare sull’aspetto principale delle recenti produzioni firmate Russell, quello di saper sfruttare al massimo le performanche dei propri attori, lavorando abilmente sui personaggi, trovando attori in ottima forma: Christian Bale e Amy Adams si riconfermano grandi interpreti, bilanciandosi tra commedia e dramma, Jennifer Lawrence a cui tocca il ruolo più rischioso e potenzialmente più macchiettistico, regala una stupendo personaggio femminile, un mix sapiente a metà tra follia e solitudine. Delude invece Bradley Cooper, troppo grottesco e di maniera anche per un film volutamente sopra le righe.
American Hustle è un dramedy corale dove i conflitti sono il cuore pulsante, il motore di ogni azione: i personaggi solo scontrandosi apertamente misurano le loro meschinità persoanli, togliendo le rispettive maschere di finzione che ne avevano obnibulato la coscienza. E’ questa ambiguità psicologica e caricaturale che rende American Hustle più riuscito rispetto a The Fighter o Il Lato Positivo, dove i personaggi erano limitati a caratterizzazioni superficiali e consolatorie.
Messo in scena con una scrittura intelligente e classica pur concedendosi flashback e flashforward improvvisi, American Hustle si sorregge su un montaggio sapiente e il dinamismo registico di Russell che si perde solo in rari casi in movimenti di macchina fini a se stessi.
Forse quello che manca ad American Hustle è uno sguardo più interessante e inedito da parte del suo autore. Il film non ha mai cadute di stile vistose ma nemmeno picchi cinematografici che possano rimanere impressi nella mente dello spettatore, tali da elevare il film ad un noir più elettrico e meno macchiettistico. Russell si riconferma mestierante di lusso del cinema americano, capace di operare all’interno di un cinema di attori, di esseri umani e di vite, con grazia e cinismo a volte rivelatori.

A proposito dell'autore

Avatar photo

20 anni, diplomato al liceo linguistico. La passione per il cinema lo ha travolto dopo la visione di Pulp Fiction. Ha frequentato un workshop di critica cinematografica allo IULM. I sui registi di riferimento sono Tarantino, Fincher, Anderson, Herzog e Malick. Ama anche anche il cinema indie di Alexander Payne e Harmony Korine. Oltre che su CineRunner, scrive anche su I-FilmsOnline.