Leviathan

Documentario incentrato sul commercio del pesce, girato nel Nord dell'Atlantico. Si tratta di una vera e propria "apocalisse marina".
    Diretto da: Lucien Castaing-Taylor, Verena Paravel
    Genere: documentario
    Durata: 87'
    Paese: FRA, UK
    Anno: 2012
7.6

Un viaggio che parte da New Bedford, antica capitale della caccia alla balena e che, come un’eco dell’epica bibbia melvilliana, si gonfia della maestosità e dell’orrore degli scannatoi dei pescherecci atlantici.
È questo Leviathan (2012), il documentario realizzato da Lucien Castaing-Taylor e Véréna Paravel, che sono saliti a bordo di un peschereccio atlantico con un paio di reflex e una diecina di Go-Pro.

Un abissale spaccato sulla pesca intensiva nell’atlantico, dal respiro surreal-metafisico. La sintassi va per ampi periodi. Lunghi piani sequenza in altrettanto larghe sequenze.
Come quella iniziale, che interminabile, nelle sue poche ellissi, ci mostra l’issare di una rete. Ne seguiranno altre splatter come quella del pesci che vengono sgozzati, altre stranianti come quando la camera montata al contrario ci mostra gabbiani bianchi volare a testa in giù nel cielo nero col mare in testa, altre infine poetiche come le luci di una nave lontana ondeggiare nella notte.
E intanto questa notte e il giorno cominciano ad alternarsi sempre più sbadatamente, fino a perdere completamente il loro senso, come a ricreare quell’effetto di tempo sospeso, alieno, che è il tempo sul mare.
Benché la colonna principale è quella del suono (la cui magnificenza fa di “Leviathan” uno di quei film da dover vedere assolutamente in una sala cinematografica), fanno specie alcune immagini, la cui complessiva epicità lascia immaginare per gran parte del film uno spazio diegetico (il ponte della nave) titanico. Con sorpresa, e solo verso il finale, una Go-Pro fissata sull’albero maestro ci svelerà – colpo di scena – il ponte nella sua reale e modesta dimensione.
Proprio l’utilizzo di queste camere dall’ottica iper-grandangolare (quasi un fisheye, appunto) ha dato vita a immagini dalle forme surreali e dai punti di vista non convenzionali. Piazzando le Go-Pro sulle teste dei marinai, o sui fianchi della nave, o lasciandole libere di flottare tra i pesci boccheggianti, si è creato un racconto dai punti di vista molteplici, tanto umani che non-umani.
Un affronto al punto di vista unico (e “dittatoriale”, secondo gli autori) del documentarista sul reale. Un esperimento, questo, già in atto nel mondo del webdocumentario.
Ma le sferzate al documentario antropologico tradizionale continuano anche nell’atteggiamento verso il mondo dei pescatori, certamente lontano dalla visione romantica che quella tradizione aveva avuto. Gli autori, come hanno affermato, hanno cercato una relazione meno sentimentale tra il mondo umano e quello marino.
Nei loro propositi, insomma, si legge una chiara spinta antitetica rispetto alla rappresentazione romantica e antropocentrica, una spinta che vuole “ricontestualizzare l’umanità in una dimensione ecologica e cosmica più larga”.

A proposito dell'autore

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Nato nel 1990 in Puglia. Laureato in Lingue e Culture Straniere all'Università degli Studi di Perugia con una tesi sul webdocumentario, vive a Parigi, dove cerca di specializzarsi nel campo della scrittura e realizzazione di documentari e si tartassa il fegato con interminabili notti di birra. Con alle spalle articoli per webzines, interviste e collaborazioni al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia e IMMaginario 2.0, ha co-realizzato il webdocumentario www.lamemoriaelaferitawebdoc.com