Rushmore

Un adolescente, studente della Rushmore Academy, si innamora di una maestra dell'asilo, più grande di lei.
    Diretto da: Wes Anderson
    Genere: commedia
    Durata: 93'
    Con: Jason Schwartzman, Bill Murray
    Paese: USA
    Anno: 1998
8.1

Wes Anderson è regista dell’antinomia, ovvero il cineasta del paradosso estetico. Il suo è un terminale-cinema che non si accontenta di una morale o di una visione e tenta paradossalmente di accoglierne e interpretarne il più possibile. La partecipazione politica agli eventi di questo regista ricorda il modo di inquadrare dimesso e “aereo” di Kitano, senza la violenza e la follia del cineasta giapponese, ma con una calma densa che rende sibillino ogni movimento e ogni movimento di mdp.


In Rushmore quello che colpisce e che rende il film fatalmente ultra terreno è il rapporto quasi interfacciale e platonico tra il protagonista 15enne Max Fischer e la professoressa vedova Rosemary. Anderson mantiene una distanza siderale tra i due, da cui si evince il cardine della sua poetica: l’impossibilità di essere parte di un mondo al di fuori del quale tutto apparirebbe normale e meno eccitante.

Il corso del cinema andersoniano si fonda sulla caratterisitica dell’anomalia post moderna secondo cui tutto è già stato narrato e quindi non resta altro da fare che sconvolgere la prospettiva cinematografica impostando il film come una serie di quadri messi uno dietro l’altro. Così ad esempio la pensa un altro regista come Park Chan-Wook (di cui ho apprezzato solo Old Boy, scure morale che rivolta il mondo da cimo a fondo), il quale fa dell’apparato formale l’essenza stessa del suo cinema.

Anderson rispetto a Park ha una consapevolezza maggiore dei propri mezzi, non avendo la necessità di sconvolgere ad ogni istante il punto di vista dello spettatore massacrandolo con dosi sempre più accese di sadismo e crudeltà, si limita ad agitare in un cocktail di pura invenzione mefitica, dei dialoghi sobri e allegorici, istaurando tra i personaggi una tensione semi grottesca basata sul disvelamento di una morale ferrea la cui condivisione può anche essere un’optional per lo spettatore. Si può non condividere l’etica formalista di Wes Anderson, ciò non toglie che essa sia particolarmente affascinante e non prenda posizioni dure e intransigenti sul mondo e sulla vita (come capita nel cinema di Park). Questa è estetica, questa è partecipazione politica agli eventi.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).