Pensare che ogni benedetta volta che Clint Eastwood tocchi “magicamente” la cinepresa esca fuori un nuovo capolavoro, sa un po’ di miopia. Questo regista fa un film all’anno. Ormai ostenta una sicurezza impareggiabile, l’Academy lo ha premiato due volte, per Gli Spietati nel 1992 e nel 2005 per Million Dollar Baby. Tutto giusto, i premi sono meritati. Ma perché ripetere ogni volta che Eastwood è un grande? A che pro? Non lo sappiamo già? Come fa un regista che fa un film all’anno a girare film originali? Che Eastwood abbia un fiuto eccezionale nello scovare ritratti inediti di perdenti moderni? Sarà. A me pare che i suoi film ricalchino il modello siegeliano-fordiano. Anche se Eastwood non ha molto di Ford, forse più di Siegel. Eastwood è piuttosto disperato. Io il cinema di Eastwood non l’ho mai “studiato”. Se devo scegliere, istintivamente, preferisco la triade FincherNolanSnyder. Non perché siano “migliori”, ci mancherebbe! Ma perché, appunto, ancora non sono stati accettati. I loro film posseggono delle zone d’ombra che restituiscono un po’ di mistero al cinema. I loro film nascondono insidie peccaminose, rendono la visione una sfida ai canoni del genere.

I film di Eastwood sono “buoni” e “giusti” e, soprattutto, semplici. Non mettono dubbi perché riflettono una morale cristallina e priva di intoppi. Eastwood non corre il rischio di passare per autore “postmoderno”, “di maniera”, “reazionario” e nemmeno “progressista”. I suoi non sono film stilizzati, non corrono il rischio di sembrare “freddi”, non sono esercizi di stile. Nei film di Eastwood c’è una correlazione perfettamente diretta tra forma e contenuto. Ormai Eastwood è talmente sicuro del suo operato registico, che è come se venisse “teleguidato”. Quasi come se girasse ad occhi chiusi. Eastwood non sbaglia mia un colpo, non sfora mai dal budget imposto dalla major, risparmia sui ciak, perché ne fa quasi sempre solo uno, e quell’unico ciak battutto è quasi sempre buono.

Per questo, forse, i suoi film non fanno arrabbiare i critici, di nessun tipo. Infatti, quando il critico medio li va a vedere è come se tirasse un sospiro di sollievo e dicesse tra sé e sé “ah, finalmente! un buon vecchio film di Clint Eastwood!”. Eastwood funziona così. Buon vecchio cinema di una volta, senza tanti fronzoli, né troppo di una cosa, né troppo poco di un’altra.
E comunque non parlo da detrattore di Eastwood, perché da Million Dollar Baby a Hereafter, i suoi film, belli o brutti che possano essere, li ho visti tutti al cinema. Senza remore alcuno. Quindi non parlo di visioni in home-video. Oggi giorno, non è un fattore secondario.

Tutti questi elementi che ho appena detto fanno capire che non amo il cinema di Eastwood. Per fare un esempio, ho amato moltissimo un film come The Game Nesuna Regola di Fincher, di solito abbastanza detestato dalla critica in toto. Eppure di zone d’ombra ce ne sono un quintale. Il film non spiega niente. Si maschera da sciarada semi-vontrieriana che prende in giro lo spettatore, invece è tutt’altro. E’ un film sulla paranoia sociale. Eastwood un film così lo avrebbe girato in modo classico e pulito. Senza accenti. Secondo uno stile che eliminerebbe ogni parvenza di un orrore mefitico che si alza viscerale dai meandri di una psiche malata.

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).