Trash

Tra le favelas di Rio due ragazzini, Rafael e Gardo, trovano tra i rifiuti un portafoglio. I due capiscono di aver trovato qualcosa di molto prezioso. A conferma di questo, la polizia gli offre una ricca ricompensa, ma i due rifiutano. Inizia una travolgente gara per impossessarsi del portafoglio.
    Diretto da: Stephen Daldry
    Genere: avventura
    Durata: 114
    Con: Rooney Mara, Martin Sheen
    Paese: UK, BRA
    Anno: 2014
7.5

Al Festival di Roma aveva vinto il Premio BNL del Pubblico ed era stato insignito col Premio della Giuria nella sezione young\adult di Alice nella Città: se questi fossero o meno dei buoni requisiti per Trash di Stephen Daldry, non era esattamente chiaro, dacché la critica straniera e parte di quella italiana sembravano piuttosto aver fiutato il blockbuster facile, a misura di pubblico (che a Roma, infatti, gradiva), camuffato da prodotto elevato grazie ad un’estetica esuberante nell’immagine, scaltra nel racconto, tambureggiante nel soundtrack. Ora che il film del regista di Billy Elliott – e, sì, questo precedente sarebbe un altro indizio di produzione ad hoc per gli Oscar – è effettivamente approdato nelle sale, si può senza fervori affermare che certo non è un capolavoro, né d’essai né tra i must hollywoodiani, ma neppure si può liquidare per snobismo una pellicola robusta nella scorza ed indubbiamente salda a livello narrativo. Vale a dire: vivace adattamento cinematografico di una bella storia (tratta dal bestseller di Andy Mulligan), il mestiere al top ma il gusto nella media.

trash6

Rio de Janeiro. A due passi dalle favelas, rovistando in una discarica per sopravvivere, un ragazzino rinviene un portafoglio. Incassa la grana, ma c’erano anche documenti che scottano. La polizia, corrotta, si mette sulle tracce, lui si lascia aiutare prima da due coetanei, poi quando s’alza la posta e le intimidazioni si fanno fisiche il terzetto trova il sostegno di due missionari (Rooney Mara e Martin Sheen). Caccia grossa, e la partita è doppia: il cattivo tenente di turno cerca i boys, loro vorrebbero far luce sull’intrigo in nome della verità e della giustizia, tra un Padre Nostro e qualche fuga funambolica.

trash5

Tra suggestioni dell’eleganza rancida di City of God e dell’incalzante affabilità di The Millionaire, Trash manifesta una confezione cui difficilmente si possono muovere biasimi, salvo un certo compiacimento stilistico che può dare più o meno fastidio, ma che mai, in fin dei conti, degenera nel dramma artato. Più che puzzare, le discariche sono variopinte, riprese con stacchi dinamici ed al ritmo di un samba-rap artato ma funzionale. Puzza, eccome, il marcio delle autorità, con un villain che più cattivo non si può (Selton Mello): un’assenza di scrupoli che l’agile, a tratti acrobatica sceneggiatura di Richard Curtis valorizza ai fini del racconto, con un climax di greve avventurosità e minacciose accelerazioni da thriller.

trash2

Lo spettacolo è sgargiante, variopinto, ma non è solo questione di sterile piumaggio: le saturazioni fotografiche (il meirellessiano Adriano Goldman) e i saturnini cambi di scena assecondati dal joga bonito della colonna sonora (il compositore brasiliano Antonio Pinto) possono sì infastidire e far urlare ad una colonizzazione hollywoodiana degli slums sudamericani, una vaga forma d’ipocrisia, viste poi le implicazioni etiche della storia; ma è anche vero che l’altra faccia di tanta favolosità è nel montaggio, sovente parallelo, e nell’incastro visivo-temporale con cui si sceglie di produrre l’intreccio, in altre parole, in tanto di quel sano mestiere che non deve indispettire, ma gratificare. Si è pur sempre spettatori: a caccia di storie ben raccontate oltre che di novità.

trash3

Nemmeno la recitazione inficia l’impeccabile meccanismo, nonostante la giovane età dei tre protagonisti, la cui ginnica e monellesca recitazione risulta credibile, a differenza del doppiaggio di Rooney Mara, la missionaria americana dai begli occhi chiari e nella versione italiana dall’insopportabile cadenza yankee, al punto che ci si aspetta quasi di vederla sputare tabacco. Consolatorio e lusingatore, Trash di Stephen Daldry resta un esempio di cinema godibile, spesso confinante col buon cinema, in fuga dal limbo-favela del blockbuster, autoriale quanto serve per una manifattura da action di qualità.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".