Ribelle The Brave

La Principessa Merida è insofferente alle regole impostegli dalla madre, il suo è uno spirito intraprendente, indipendente e coraggioso.
    Diretto da: Mark Andrews
    Genere: animazione
    Durata: 93'
    Paese: USA
    Anno: 2012
6.9

La Pixar aveva abituato male il suo pubblico, nel senso che aveva abituato ad una continua innovazione che la Disney non era più in grado di offrire. Aveva costruito una serie positiva ininterrotta dal 2001 (Monsters & Co.) al 2010 (Toy Story 3), passando per vere e proprie perle come Gli Incredibili, Alla ricerca di Nemo, Ratatouille, Wall-E. Una serie di successi incredibili e, per certi versi, confortante.
Le cose hanno iniziato ad andare male dal 2011, con l’uscita del seguito di Cars e proseguono adesso, se possibile in maniera ancora più vistosa con questo Brave, che propone la prima protagonista donna, Merida alle prese con l’accettazione del proprio ruolo di Principessa impostogli dalla famiglia, a fronte dei desideri di indipendenza che lei invece cova ardentemente.

Bisogna dire che al cinema ci sono degli argomenti che, se trattati con una certa dose di noncuranza possono risultare molto banali e ovvi; uno di questi è il ’68, l’altro è il femminismo, l’emancipazione femminile. Andando a toccare, senza il minimo sentore di variazione, un argomento di cui si conosce già in partenza la conclusione, purtroppo quello che ne rimane, in un film come Brave, è una commedia stiracchiata, abbastanza divertente nela parte centrale, ma con un inizio e una fine che non sembrano essere affatto targati Pixar, bensì, fanno venire in mente la peggior Disney degli ultimi 20 anni.
Il secondo tonfo consecutivo della Pixar si fa pesante ripensando alle alte operazioni di ingegneria narrativa come Monsters & Co. o Ratatouille. In Brave i personaggi incorrono ogni volta in una tipizzazione comica che rasenta la scrittura da screwball comedy, ma con un telaio narrativo assolutamente prevedibile. La consueta perfezione dell’animazione targata DisneyPixar consente le solite acrobazie visive che portano il film ad essere ben digerito dal pubblico infantile, ma forse anche i bambini stavolta si risentiranno davanti ad un’opera così ovvia e prolissa.

L’animazione Pixar con Brave si affaccia all’universo femminile senza avere la competenza teorica per approfondire il tema dell’emancipazione. Brave crea un mondo àtono, controllato da una drammaturgia che sfugge da ogni parvenza di organicità affabulante. Si ricorre addirittura all’espediente della magia, con la strega che compie un incantesimo errato e trasforma la madre di Merida in un orso. Queste sono tipiche scelte da Disney anni ’80, che si sono viste recentemente anche ne La Principessa e il ranocchio (2009).
C’è poi il discorso relativo alla produzione: la co-regista Brenda Chapman, ideatrice del plot narrativo, è stata cacciata per divergenze produttive con la major. Forse basta questo per capire lo stato di incertezza di un progetto simile? Il film fa il suo dovere, intrattiene, diverte, è di sicuro al di sopra di gran parte del cinema d’animazione in circolazione, ma chi segue la Pixar sa che i suoi creativi, possono fare di meglio.
Durante la lavorazione di Brave, alcuni degli autori di grandi successi Pixar di cui si parlava prima, erano impegnati in “trasferte” oltre l’universo dell’animazione: Andrew Stanton era alle prese con il film in 3D John Carter, Brad Bird girava Mission: Impossible 4 per Tom Cruise, Pete Docter era reduce dal successo di Up!.

Solo il tempo dirà se la Pixar si stia appiattendo nella politica dei sequel, per adesso Brave è servito a dare una pausa ai creativi della casa di produzione fondata dal compianto Steve Jobs.
E’ anche vero che non si può ogni volta chiedere il capolavoro a dei registi che hanno già ampiamente dimostrato un’alta caratura estetica. Attendiamo che i Bird, Stanton, Docter tornino ad illuminarci con le loro strabilianti invenzioni.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).