Mulholland Dr.

Betty sbarca a Hollywood con il sogno di fare l'attrice, incontra Rita, che perso la memoria in seguito a un incidente stradale. Betty aiuterà Rita a ritrovare la memoria.
    Diretto da: David Lynch
    Genere: drammatico
    Durata: 147'
    Con: Naomi Watts, Laura Harring
    Paese: USA
    Anno: 2001
8.5

Già l’ingresso nella diegesi di Mulholland Drive di David Lynch è quanto di più straniante si possa immaginare: in prima istanza ballerini che danzano il jitterbug su un fondo viola a cui si sovrappone l’immagine di una ragazza sorridente, tra due anziani, poi sola. Insomma un primissimo attacco a dir poco anomalo, dai colori accesi, privo di profondità, un residuo onirico, in cui tutto potrebbe apparire reale al soggetto che lo immagina, lo sogna, per quanto privo di qualunque elemento di attendibilità proprio del reale.
Poi si passa allo sguardo “soggettivo” di una macchina da presa che scorre su un letto per poi perdersi nell’oscurità di un cuscino.

Quasi una transizione di realtà tra ciò che l’ha precedutà e ciò che la seguirà: l’attacco canonico di un opera cinematografica, con tanto di titoli di testa.
Dal buio emerge il cartello stradale Mulholland Drive, c’è una limousine che avanza nella notte, una donna bellissima viaggia sul sedile posteriore dell’auto, ma improvvisamente viene invitata a scendere: sembrano i preparativi per un’esecuzione, ma tutto ciò è interrotto da uno schianto improvviso.
Dall’incidente si salva solo la donna, che si trascina lungo il Sunset Boulevard…Lynch porta all’estremo l’ambiguità, la cifra onirica, e per questo ambigua, sfuggente, propria di molto cinema noir (con tanto di icone di quel cinema, come Rita Hayworth di Gilda, da cui prende spunto la misteriosa bruna per tentare di venire a capo della propria identità, della propria esistenza).
Ci spiazza con un incipit tripartito in cui ciò che sembra una proiezione onirica in realtà potrebbe non esserlo, e di contro, ciò che sembra vivido, reale, attendibile, potrebbe essere quanto di più distante dalla realtà si possa immaginare. Lo statuto di realtà è estremamente incerto. Come al club silencio: non vi è alcuna banda, ma la sentiamo suonare.
Mulholland Drive è un vortice avanguardistico, che poggia su basi narrative classiche dai confini sfumatissimi. Lynch rappresenta un mondo in cui ogni coordinata è andata perduta: c’è tutto, ma allo stesso tempo, non c’è, di nuovo, come al club silencio.
Doppi, identità scambiate: una bionda e una bruna, realtà parallele, sovrapposte. (Non del tutto) vero, (non del tutto) falso, (non del tutto) finto, che importa, non possiamo far altro che abbandonarci.

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A proposito dell'autore

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Ha fatto e fa cose che con il cinema non c’entrano nulla, pur avendo conosciuto, toccato con mano, quel mondo, e forse potrebbe incontrarlo di nuovo, chi lo sa. Potrebbe dirvi alcuni dei suoi autori preferiti, ma non lo fa, perché non saprebbe quali scegliere, e se lo facesse, cambierebbe idea il giorno dopo. Insomma, non sa che dire se non che il cinema è la sua malattia, la sua ossessione, e in fondo la sua cura. Tanto basta.