The Vatican Tapes

Padre Lozano indaga sul caso di Angela Holmes, giovane donna affetta da un male che porta tutti coloro che le stanno accanto a morire. Il Vaticano incarica comunque il vicario Imani e il cardinale Bruun di far luce sulla faccenda. Quest’ultimo si mette in contatto con una potente forza satanica.
    Diretto da: Mark Neveldine
    Genere: horror
    Durata: 91
    Con: Michael Pena, Kathleen Robertson
    Paese: USA
    Anno: 2015
3.7

Per riproporre alla scaltrita platea di questi anni l’ennesimo horror del filone demoniaco, ci vuole la forza di esorcizzare la banalità. The Vatican Tapes, ereticamente, rovescia il problema: si accontenta di apportare solo qualche spiffero d’aria fresca alla solita solfa sulfurea, ripiegando su di una compatta struttura tradizionale e puntando piuttosto a far bene il dannato lavoro ordinario. Il risultato confina il lavoro di Mark Neveldine nel limbo, da cui ogni spettatore, secondo i gusti, lo sposterà a gradimento tra il girone infernale del ridicolo o dell’accidia conservatrice ed il purgatorio del “poco è meglio, se ben fatto”.

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Titoli di testa, e s’insinua la paura che sia un found footage, se non un mockumentary, senza né capo né coda: ma poi capisci che il titolo e la sequenza iniziale sono solo una concessione al gusto vigente, forse per imposizione della produzione. Tant’è, poco dopo siamo trascinati al forte odore d’incenso, tra le robuste panche di una chiesa. Due sacerdoti cospirano in stile FBI sul da farsi a fronte di una situazione scottante. Poco dopo, sagrestia o stanza dei bottoni, assistiamo in segreto alla registrazione dei fatti di pochi mesi prima: un caso di possessione demoniaca, esploso in un ospedale di una cittadina americana, imploso nel corpo e nello spirito di una bionda ragazza della porta accanto. Ma non è un caso qualsiasi, perché apre le porte dell’inferno.

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The Vatican Tapes si sviluppa da rituale: una prima parte con premonizioni della possessione, una seconda parte con una serie di episodi di deflagrazione, una terza con la sfida dell’esorcismo. Ognuna conferma la propria scolasticità con qualche indizio: l’uccello che sbatte contro il vetro per la prima, le occhiaie sempre più intense per la seconda, la preparazione dell’armamentario di croci, bibbie e telecamerine per la terza. Di base, dunque, l’andamento consiste in una cumulazione di episodi (anche gustosi: vedasi lo scatenamento isterico in ospedale per i sussurri dell’anticristo), con l’ambizione che producano un crescendo, ma con l’effetto collaterale che proprio tanto ordine smussi un po’ i picchi della suspense.

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Il cerchio, o il pentacolo, si chiude allora con la domanda iniziale: come rinsanguare il sottogenere diabolico del religio-horror? Le astuzie non mancano. In parte, proprio col sangue: pur di ritardare la svolta senza annoiare, il film non si fa mancare una maligna aneddoticità, premurandosi di accumulare piccoli brividi, anche violenti, durante tutta la parte centrale. L’altro punto di forza si rinviene nella regia, meglio, nella fotografia – se si vuole precisare ulteriormente: nella tecnica delle luci. Si gioca con le ombre (la presenza ripetuta del corvo, il messaggero del diavolo), con il controluce che ritaglia i profili (suggestiva l’inquadratura della posseduta nel sottotetto), si pratica un efficace artigianato della visione apocalittica.

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Su questa scia, si sarebbe tentati di definire “visionario” il finale, seducente dal punto di vista visivo e non privo di corrosiva ironia. Il problema è narrativo, ossia, come ci si arrivi: lastricando la strada dell’inferno con la buona intenzione di fare un sequel qualora le cose dovessero funzionare. Questo, infatti, s’intuisce dai fitti dialoghi tra i chierici, un po’ ridicolmente atteggiati in stile FBI, con un archivio segreto che fa più Dan Brown che horror malefico. Tutto sommato, preferiamo che non ci sia un seguito: ci rintaneremo nel bel ricordo degli occhi di Olivia Dudley, piccola scream queen di un piccolo horror, capace di mettere a disagio ed aprire uno scrigno d’incubi con una palpebra sollevata o un sussulto luciferino.

A proposito dell'autore

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Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".