Tre film da dibattito, tra film scostanti, urgenti, a loro modo criptici: La Talpa di Thomas Alfredson, Shame di Steve McQueen e Millennium Uomini che odiano le donne di David Fincher.

Il primo è una corretta riproposizione di un certo cinema spionistico degli anni ’70, Alfredson confeziona un sontuoso esercizio di stile, ricopiando, delucidando un forma già vista decine di volte, senza inventare un solo guizzo di regia, il regista svedese, confermando, alla sostanza, la messa in scena di let Me In, inquadra un mondo grigio e spento, calibrando una regia che prende i tempi morti e li dilata fino all’inverosimile, costruendo una forma cinema senza spessore, ma esercitando semplicemente una forma calligrafica che vorrebbe addirittura giudicare i personaggi che vengono inquadrate come delle statue senz’anima. Per questo prolisso film di Alfredson qualcuno su “Duellanti” ha persino additato una lettura sull’omosessualità latente che serpeggia tra gli agenti dell’M16. il film è talmente amorfo da far risultare ardita e priva di consistenza una simile interpretazione. Alfredson è regista raffinato, elegante, colto, ma anche disperatamente esangue, io personalmente non mi lascio abbindolare dalla bella forma di un’operazione come La Talpa.

Discorso diverso ma parallelo per Shame di Steve McQueen, vero e proprio film da dibattito, film che accende la discussione, che fa prendere posizione, che fa anche indignare. Bisogna dirlo subito: l’operazione compiuta da McQueen è sbagliata alla radice, ma condotta in modo estremamente sapiente, con un gran lavoro di cast, con un Michael Fassbender perfetto, asciutto, posato. Ma il film di McQueen denuncia un ideologia piuttosto preconcetta sul maschio moderno. Il problema di Shame è il suo voler essere a tutti i costi un manifesto sulla crisi del maschio moderno, e qui McQueen sfiora quasi il qualunquismo. E come si deve prendere un film che mostra un giovane uomo perennemente arrapato, che dopo un’ora e mezzo di copulazione interrotte solo ad intervalli (per riprendersi un po’ dallo sforzo!?), lo mostra seduto per terra a piangere della propria condizione di erotomane. Scena davvero brutta, didascalica, errata anche dal punto di vista morale. Far la morale al sesso. Siamo giunti a questo. Non che sia sbagliato, ci mancherebbe, si può anche moralizzare sul sesso, ma non con un film come questo. Fassbender è perfetto è merita tutti i premi del mondo, McQueen sa girare (il film è anche piuttosto freddo), ma è del tutto incompleto. A McQueen manca ancora la stoffa dell’entomologo. Magari migliorerà, ma adesso è ancora fermo alla radice del suo cinema. Sorprendere senza un briciolo d’anima.

Il terzo film, dal punto di vista squisitamente estetico è il più completo, compatto, tellurico, stordente, ammaliante, intriso di vissuto, di rabbia e di violenza di tutti e tre: Millennium Uomini che odiano le donne di David Fincher.
Opera-massima quella di Fincher, film devastante per come riesce ad afferrare l’attenzione del pubblico, costruendo una tensione che cresce senza reticenze alcune, senza pudori e senza alcun freno morale, senza inibizione alcuna. purtroppo è anche il limite di questo film così perfetto brutale e scabroso.
Il difetto di Fincher, paradossalmente, è di far vedere troppo, di accentuare la morbosità e il tono malsano della storia. Intendiamoci, già il plot narrativo non è un granché, mostrando la società deviata del maschilismo come un morbo che ottenebra le coscienze.
Fincher dal canto suo sa esattamente dove vuole portare lo spettatore e gira un film realmente inquietante, disturbante, un film di pesantezza magmatica, come si evince anche dai titoli di testa in puro stile cyberpunk. Forse non si poteva fare di meglio viste le premesse: i produttori volevano un film migliore di quello svedese, sono stati accontentati, il risultato è un blockbuster scostante ed impervio. Un film non consolatorio che fa anche riflettere sul ruolo delle immagini nell’era digitale.

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).