Doppio gioco La verità si nasconde nell'ombra

In Irlanda del Nord, negli anni '90, Colette viene arrestata dalla polizia in quanto membro dell'Ira. Il patto è semplice: collaborare per non finire in galera. L'Ira sta preparando un nuovo attentato, ma Colette deve stare attenta alle possibili ritorsioni se decidesse di collaborare.
    Diretto da: James Marsh
    Genere: thriller
    Durata: 101'
    Con: Andrea Riseborough, Clive Owen
    Paese: UK, IRE
    Anno: 2012
7

Doppio gioco – La verità si nasconde nell’ombra, di James Marsh. E compra anche i dolcini! – raccomanda la sorella al fratellino, mandandolo a comprare le sigarette per il papà. Ma quando tornerà, il piccolo attraverserà la soglie esanime, in braccio a qualcuno, colpito da un proiettile vagante.

Questa è Belfast, nel ’72, con gli scontri tra l’IRA e le forze dell’ordine. Anni dopo, un figlio decenne, i fratelli affiliati alla lotta indipendentista ed il marito ucciso dalla polizia britannica, Colette (Andrea Riseborough) viene incastrata dalla polizia e posta di fronte ad un bivio: 25 anni di carcere e tanti saluti al pupo, o un doppio gioco da spia in collaborazione con un agente dell’MI5 (Clive Owen), l’intelligence del Regno Unito. Sceglie il doppio gioco, ma tra dubbi ed esitazioni non gioca per nessuno: e ci scappa qualche altro morto. Ancora un film sul cielo insanguinato d’Irlanda, che riesce a James Marsh d’inquadrare così plumbeo e minaccioso, mentre gli interni sono tutti lignei e stinti, fragili come foglie d’autunno.
Il prologo, in questo senso, è una dimostrazione di quanto calore ci sia nella freddezza stilistica del regista: la sorella aspetta il fratellino giochicchiando con delle collanine su di una tovaglietta merlettata, ma dalla finestra, parzialmente coperta da una tenda bianca, s’intravedono uomini mascherati che corrono; la bambina si trastulla allo specchio, civettando con i capelli, ed all’improvviso risuona uno scoppio – ma è solo la teiera. Poi il dramma.
Nel lungo incipit, non si esce di casa: è la tragedia che vi entra, sfondando la porta; la Storia irrompe con la propria necessità gelida, come la fronte del bambino morto.
Teso e taciturno, Doppio gioco vive di spari fuori, di un sottofondo angosciosamente incombente, che minaccia quasi fatalmente ambienti e persone. Gli interni sembrano spiati, con numerose inquadrature contornate da stipiti e pareti, anticamere di un mirino.
A nessun personaggio spetta il controllo totale delle proprie azioni: Colette vive tra due fuochi, sotto il controllo dell’IRA, prima, e della polizia, poi; Mac, l’agente non insensibile al bel faccino della neo-informatrice, viene forzatamente defilato dalle indagini, per l’intervento di una collega che segue una strategia alternativa; Kevin (David Wilmot), il terrorista pronto a farsi sicario, si danna l’anima per individuare il traditore; la madre di Colette (Brid Brennan) vorrebbe la figlia libera, ma è lei stessa prigioniera d’una famiglia di terroristi.
Con passo lento, nervoso e laconico, il gioco si fa doppio, triplo, quadruplo, ma nessun giocatore riesce a far valere davvero le proprie carte, come se il destino di ognuno fosse nella mani di qualcun altro.
In questa combustione, che sembra non riuscire mai a mettere del tutto a fuoco i sentimenti dei personaggi, la sensazione è che le esplosioni siano costantemente dietro l’angolo: incontri clandestini in auto, telefonate d’emergenza dietro una porta, in una stanza in cui non bisogna essere scoperti; la chiamata alla polizia di Colette in soprabito rosso, in una cabina rossa, col rosso (di capelli) Kevin che sopraggiunge come l’occhio che tutto vede; fino al culmine del rissoso funerale, che promette altri funerali col rito funebre che diventa politico per i terroristi mascherati che sparano in aria, presidiando la bara.
Naturale, allora, che in un film per via di levare, tutto promesse dell’assassino, l’interpretazione dei due protagonisti, la splendida Andrea Riseborough e l’affidabile Clive Owen, sia tutta al risparmio: persino il momento d’impetuosa e disperata tenerezza di un bacio sul ponte, senza profondità di campo, e con troppa profondità interiore a restar celata, è tutto mimico, di sguardi, di sottintesi, d’accelerazione esplosiva e fumo intorno.
Doppio gioco di James Marsh è un thriller di studiate e gelide opacità, scevro di cliché, scevro e basta: i conflitti armati, ed interiori, rimbombano sordamente tra la Storia e le storie.

A proposito dell'autore

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Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".