Il testamento del Dr. Mabuse

Nella Germania degli anni '30, in un manicomio criminale, è internato il dottor Mabuse, psicopatico con poteri di telecinesi. Mabuse scrive quello che sembra un testamento. Il dottor Baum tenta di decifrarlo.
    Diretto da: Fritz Lang
    Genere: poliziesco
    Durata: 122
    Con: Rudolf Klein-Rogge, Otto Wernicke
    Paese: GER
    Anno: 1933
8.1

Con Fritz Lang il poliziesco entra nella dimensione metafisica della disputa tra la mentalità criminale e la psicosi da telepatia indotta. Il discorso che si apre con Il testamento del Dr. Mabuse (1933) amplia lo spettro visivo del genere, interiorizzando il punto di vista in una teoria cinematica della riduzione prospettica data dall’espressionismo tedesco. Vedere di meno per vedere di più. Annullare il controcampo di un didascalismo reazionario, comunque in surplus, per approdare all’annullamento del senso, parallelo all’ingresso nell’onirismo più claustrofobico.

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Il fatto che la figura del dottor Mabuse sia in qualche modo parallela a quella di Hitler è la conseguente diaspora estetica, prodotta dalla progressiva avanzata del regime in quel tempo, cui Lang si distaccherà immediatamente, subito dopo il fantomatico colloquio con Goebbels. Lang dice addio alla cinematografia tedesca attraverso questo poliziesco del ’33. La forza tellurica del suo cinema, basato su una sorprendente povertà dei mezzi, gli stessi con cui aveva prodotto Die Nibelungen (1924), Metropolis (1927), M (1931), e che in seguito abbandonerà sposando la macchina produttiva hollywoodiani, per altro riuscendo comunque ad innovarla dall’interno.

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Con il secondo capitolo sul dottor Mabuse Lang genera una dispersione perpendicolare al genere, basata su un ripiegamento anchilosante degli spazi, un continuo annullamento della prospettiva interna la quadro. La difficoltà d’insieme nella visione del film è data dall’assenza di elementi chiarificatori, nella costruzione della dialettica tra buoni e cattivi. Il dottor Mabuse controlla tutti i suoi complici come pedine, riuscendo a corrompere la mente del Dottor Baum. Il Commissario di polizia Lohmann assiste impotente alla dimostrazione di forza del dottor Mabuse. Lang sostituisce l’infallibilità delle istituzioni con la forza generatrice di morte della follia, come statuto endemico di una piaga sociale senza via di scampo.

 

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Quello che si origina dal flusso visivo è ciò argina la propensione di Mabuse a propagare la sua nazitudine diabolica. La coppia che tenta di sfuggire alla morte programmata da Mabuse, riuscirà a salvarsi solo in una situazione di estremo pericolo. Lang misura sempre il piano sentimentale (lato positivo) con la follia criminale che insidia i gangli della società (polo negativo). L’attesa di una polifonia grandangolare genera ne Il testamento del Dr. Mabuse la perla estetica che mancava al genere poliziesco. Il genio del dottor Mabuse è il mistero che sposta la materia narrativa dal piano della follia manicomiale in senso stretto, fino ad un’esemplificazione più ampia sulla propagazione del Nazismo. Se Mabuse è l’emblema della psicopatologia hitleriana lo deciderà la Storia, Lang indirizza lo sguardo solo verso quegli elementi che distinguono il discorso formale verso la distopia del genere poliziesco, operando una stilizzazione della menzogna visiva. Il cinema come paralisi dello sguardo è servito.

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).