Into Darkness Star Trek

Il Capitano Kirk e il Primo Ufficiale Spock vengono desautorati dal comando dell'USS Enterprise. Ma l'arrivo di una nuova minaccia rappresentata da un super uomo modificato geneticamente, convincerà la flotta stellare a rimetterli al comando.
    Diretto da: J.J. Abrams
    Genere: fantascienza
    Durata: 132'
    Con: Chris Pine, Zachary Quinto
    Paese: USA
    Anno: 2013
7

Il 3D rovina la visione e in definitiva consegna allo spettatore un prodotto annacquato, vitreo, trasudato, pregno di vitalità ma privo di azione, in quanto, se di azione ce n’è troppa, alla fine è come se non ci fosse per niente.
Into Darkness Star Trek di J. J. Abrams non è un prodotto da buttare via, semmai gratuito, diretto col pilota automatico, non avendo un minimo della verve scanzonata e addirittura necessaria del primo capitolo, in quanto Abrams dimentica quanto di buono fatto nel 2009 e gonfia enormemente una vicenda, seppur buona (perché la storia c’è ed è convincente), con lungaggini inutili, non tagliando mai la dove invece si dovrebbe lavorare in cabina di montaggio.

Hollywood tutta ha dei seri problemi con la credibilità, ogni scena in Into Darkness sembra provenire da un passato rimasticato che si tenta di far rinascere, l’ultimo Abrams appartiene a quella stirpe di film di fantascienza che chiedono il massimo di coinvolgimento emotivo, sensoriale, per straniare completamente la mente dello spettatore, aggredirlo con dosi massicce di colonna sonora pompata a mille, riportarlo nel torpore di un messa in scena sempre sovraccarica e adeguatamente vigliacca, che tenta di assumere le coordinate di una disputa tra situazioni visive alla disperata ricerca di un post nella memoria dello spettatore.
Abrams tenta di dare un senso a qualcosa che non può averlo, si barcamena nell’insulto sensoriale del 3D per tentare di accedere ad un altro livello di visione, ma l’occhio spettatoriale del sottoscritto ha sentenziato un furioso no a questa tecnologia roboante, malsana e ammorbante che addirittura serve già mettere in prospettiva post visione il solito caleidoscopio visivo che avrebbe potuto anche rivelarsi utile per il disvelamento di un punto di vista assolutamente creativo e originale, perché i colpi di scena ravvivano l’azione del 3D che tende a spengere il quadro visivo intonso, acomunandosi sul malgrado ad una coloratissima e a tratti geniale sgangherata fiera dell’intercettazione cosmico del divertimento che, seppur in qualche momento telefonato, in qualche maniera filtra, tentando ogni volta di scovare un po’ di ironia nel perenne disfacimento dei corpi digitali, rintronati dal monumentale afflato del 3D.
Into Darkness (dentro l’oscurità, ma anche dentro il male) nel buio/male cosmico non ci arriva quasi mai, tenta di sfiorarlo, mai non lo raggiunge mai compiutamente. Abrams avrebbe dovuto fare un film di 105 minuti circa, spoglio, scarno, molto più ellittico, serrato e avrebbe dovuto rinunciare al 3D, con conseguente minor incasso, perché con questa inutile tecnologia i biglietti aumentano di prezzo. Avrebbe convinto lo stesso una platea desiderante scene di fight coreografate in modo tale da mozzare il fiato? Forse bastava redimere dall’inganno il messaggio del primo capitolo, mostrando un vertice dell’azione che non esiste, invece ha dovuto concludere ogni scena con un cut rivelatorio di una propensione verso la prosa lisergica che ammalia lo spettatore meno esperto.
Forse Abrams ha persino giocato sporco con questo Into Darkness, ma spacciare il 3D per creatività non deve essere stato impresa facile.
Se si fa della fantascienza seriale per il grande schermo ci sono delle regole che il regista deve tentare di infrangere, muovendo il piano dell’azione su un livello sperimentale quanto meni inedito, ma allora forse si può semplicemente affermare che se con i capitali di Hollywood cineasti dal valore molto più alto di Abrmas hanno fatto ciò che volevano, innovando sul solco della tradizione, la sperimentazione  è riuscita solo in parte nel concept visivo di questo Into Darkness.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).