Le vere Svolte nel cinema sono poche, spesso sono repentine e non vengono capite, metabolizzate subito. Molte volte addirittura mai. E’ successo con De Palma, Dario Argento, Carpenter, il primo Cronenberg. Stavolta è il turno di Zack Snyder. La triade 300WatchmenSucker Punch più che non essere capita, indigna, crea fastidio, quando non imbarazzo. Altro che incomprensione, qua siamo oltre, c’è più che altro il rifiuto di un mondo, un universo visivo, un’estetica. Tra questo (o quel) pubblico e Snyder è come se ci fosse un abisso. Il gap si sente come un’entità pesante, presente, quasi devastante.

Snyder fa intorno a sé il cerchio, determina un limite di demarcazione, all’interno del quale il suo universo visivo si colloca in un altrove che incombe come una minaccia sullo spettatore, che si sente provocato, sfidato, e, nel confronto, getta la spugna immediatamente. Il cine-mondo pittorico di Snyder respinge ed ammalia, seduce e pone dubbi sul futuro dell’immagine. Immagine o immaginario? Snyder si pone in maniera presso che definitiva dalla parte dell’immaginario. Creare un universo visivo autoriale nell’action significa aggredire la mente dello spettatore creando un sistema di contrasti ed ellissi pragmatici.

Su 300 e Watchmen incombe un senso di morte e di decadenza quasi totali, Sucker Punch inverte, per fortuna, questa impostazione e genera una morale che nutra persino una speranza per il futuro. Sucker Punch è come se generasse vita dall’estetica della “morte in diretta”, si situa al limite di un eccesso visivo in quanto sperpera all’unisono energie labili e variopinte, genera elettricità visiva, non si ferma davanti a niente, perché non potrebbe farlo, vive del suo compromesso universale, genera strali di follia ad ogni scena.

Snyder concepisce il cinema come un rutilante “carnival of souls”, tritando steroidi, pettorali marmorei, guêpière, autoreggenti, le colonne sonore di Tyler Bates, la fotografia divistica di Larry Fong, il montaggio luhrmanniano di William Hoy, la violenza dei comics e la morale plastica di characters che non possono morire.

E’ vero, come è stato scritto sul sito di Sentieri Selvaggi, il cinema di Snyder annulla la morte, la replica, la esorcizza, e ne uccide il peccato disvelatore. E’ per questo che i carachters di Snyder ambiscono all’immortalità, dal guerriero Leonida, a Rorschach, da Ozymandias, alle girls with guns Emily BrowningJena MaloneAbbie Cornish. Ma forse è la Baby Doll-Emily Browning a prendersi tutta la scena per sé. Il mondo è suo.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).