Princess Mononoke

Durante l'era Muromachi, nell'antico Giappone (1392-1573), il guerriero Ashitaka contrae una maledizione dopo aver ucciso un enorme cinghiale-demone che voleva assalire il suo villaggio. Ashitaka partirà per scoprire il mistero del demone. Incontrerà Mononoke San, una ragazzina allevata dai lupi.
    Diretto da: Hayao Miyazaki
    Genere: Animazione
    Durata: 134'
    Paese: JAP
    Anno: 1997
8.4

Le similitudini tra Hayao Miyazaki e Akira Kurosawa convergono principalmente su una questione: entrambi hanno la spiccata tendenza estetica a far diventare il loro cinema un quadro dei sentimenti umani organico, ricco di simbologie, amato dal pubblico di tutto il mondo, riconosciuto senza l’ausilio di alcuna legittimazione critica (come poteva succedere per Kenji Mizoguchi, Yasujiro Ozu, Kon Satoshi e Mamoru Oshii). Si tratta di due cineasti che hanno spinto il cinema oltre le proprie possibilità, riuscendo sempre a mantenere una totale classicità, scarna e mantenendo sempre un basso profilo artistico. Due geni dalla modestia e dall’umiltà sopraffine.

E’ facendo questa premessa che si può capire come davanti alla riedizione di Mononoke-hime (Princess Mononoke, 1997) si ha come la sensazione di trovarsi ad uno dei film più divertenti e smaccatamente di genere di Kurosawa: Kakushi-toride no san-akunin (La fortezza nascosta, 1958).
La propensione per l’azione, per l’efficacia di personaggi a tutto tondo, talmente familiari da far sembrare che lo spettatore li conosca da sempre.
Tutto il cinema più conosciuto di Miyazaki è basato su materiali fantasy, mentre quello di Kurosawa metteva in scena le storie dei Samurai dell’antico Giappone, di uomini sconfitti dalla vita che comunque non si tiravano indietro davanti alle avversità (Cane randagio, L’angelo ubriaco, L’Idiota, Vivere), epopee epiche (Kagemusha, Ran). Se si guarda bene e si chiude un’occhio sull’apparato fantasy delle opere di Miyazaki, si potrebbe dire che l’autore di Kurenai no buta ha continuato l’operazione di analisi delle vicende umane, trasformandosi sempre in cantore di una dimensione mistica dove l’infanzia era sempre luogo magico della scoperta e della sfida alle leggi della natura.
Mononoke-hime rimane il primo ed unico film dove sperimenta la struttura dicotomica good/evil tipica del western, ed è anche il primo dove inizia a fare un uso della tecnologia digitale (ma pur sempre in minime parti, soprattutto in post produzione), anche se i disegni sono tutti fatti a mano. Il digitale si sente solo nelle sequenze di puro action, soprattutto nello spettacolare inizio.
Per il resto, nell’uso degli spazi, nel ritmo di una narrazione intonsa di eventi, dove si contrappongono personaggi dalla dubbia moralità (Lady Eboshi) con altri di purezza cristallina (Ahitaka), l’incalzare della suspence all’interno di un quadro dominato dallo splendore di fondali che si muovono come dipinti armonici e lussureggianti, delinea il cinema di Miyazaki come uno dei più ricchi, complessi e stravaganti del cinema mondiale. Si deve anche ammettere che probabilmente lo spettatore occidentale non è abituato a seguire una sequela di venti così arrembante, perché è altresì vero che in questo film si rischia spesso perde la bussola all’interno di una narrazione che dà per scontati troppi eventi pregressi di cui lo spettatore non è a conoscenza. Ma in questo caso bisogna pur fare un atto di fede e rimanere concentrati. Mononoke-hime non è certamente un videogioco usa e getta. E’ cinema puro.
Da qui è facile sostenere che sul mercato è davvero difficile competere con un campione di script come Miyazaki. Lo si vede anche in questo Mononoke hime. La struttura narrativa appare costruita secondo un’escalation di motivi semantici che portano ogni volta ad una riconsiderazione del punto di vista su tutti i personaggi.
Soprattuto il personaggio di Ashitaka, che vuole evitate una guerra tra Lady Eboshi e lo Spirito della Foresta, ma innamoratisi della figlia dei lupi San tenta di salvarla dalla maledizione che incombe su di lei. La sua è una costruzione dei caratteri di una complessità tale che non ha precedenti nell’animazione giapponese. Questa sensazione la si avverte anche davanti agli altri personaggi e certe volte si ha l’impressione di stare vedendo un film vero con i disegni al posto degli attori.
La mentalità western in Mononoke-hime, nonostante il mosaico dell’animazione, è quella del grande cinema senza se e senza ma. Il grande schermo restituisce scenari che sembrano rubati al grande colosso kurosawiano, Ran, i suoni della foresta si amplificano ogni volta in un grido di dolore davanti alle devastazioni provocate dall’uomo. E’ il messaggio umanista, rivoluzionario di Miyazaki. Gli spiriti della foresta ci guardano, chi non è capace di ascoltarsi si merita l’inutile frastuono dell’occidente globalizzato e sordo.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).