The Artist

Durante il passaggio dal cinema muto al sonoro il famoso divo del muto George Valentin vede la sua stella tramontare.
    Diretto da: Michel Hazanavicius
    Genere: commedia
    Durata: 100'
    Con: Jean Dujardin, Berenice Bejo
    Paese: FRA, BEL
    Anno: 2011
7.2

Semplicemente un’inchino al cinema classico della Hollywood dei tempi d’oro del muto? The Artist è invece molto di più. Si tratta di un film molto francese ed elegante, forse appena un po’ snob nella concezione avanguardistica di mettere in scena un universo visivo-tematico che non c’è più. Ma le soluzioni visive, i tempi comici, l’uso “antico” del b/n funzionano alla grande, soprattutto in chiave metaforico-poetica e nella leggerezza di volti e in una semantica degli sguardi in cui si può rintracciare una certa passione per una bellezza che sembrava ormai perduta. Bresson, nel momento del passaggio tra la il muto e il sonoro, disse che l’invenzione del sonoro aveva “inventato” il silenzio.


Nel cinema muto i primi piani degli attori erano avvolti dal silenzio e dall’attesa della performance sibillina: le sopracciglia, gli occhi parlavano e dicevano più di qualsiasi parola. Lo disse anche Kubrick all’uscita di Barry Lyndon che il cinema muto aveva più fascino. In questo The Artist su muove molto furbescamente, quasi con una ruffianeria molto francese, quasi volesse piacere a tutti i costi e al più vasto numero di spettatori possibile. Beh, se l’intento era piacere a tutti il risultato è stato raggiunto, in tutto e per tutto.

The Artist è un’operazione che convince e non annoia mai. La storia del Divo del muto che perde la fama e rischia di finire in rovina per l’invenzione del sonoro coglie nella sua struttura una dissonanza importante: il rapporto con Peppy, la giovane scoperta del cinema sonoro. Infatti il rapporto tra i due artisti non è di banale rivalità, bensì di reciproco aiuto, in quanto all’inizio Valentin si accorge della bellezza incantevole di Peppy, le da fiducia e ne valorizza le doti, donandole anche quel tocco di fascino che le mancava, disegnandole con la matita un piccolo neo sulla guancia destra (infatti poi Peppy diverrà famosa come “il neo della bellezza); allo stesso tempo, quando Valentin cade in rovina, senza un soldo, con tutti i produttori contro, sarà Peppy a salvarlo dal rogo e ad inventare il ruolo di ballerino di tip-tap per Valentin.

The Artist è la storia di due artisti che si aiutano reciprocamente. Quindi non ha niente a che vedere con film come Cantando sotto la pioggia e Viale del Tramonto, perché nel film di Hazanavicius l’arte viene messa in scena come strumento salvifico, che mutando crea nuovi contesti e nuove opportunità. Nel film infine, c’è un frammento in cui Valentin si trova davanti ad una vetrata di un negozio d’abbigliamento, è davanti ad un smoking e si immagina come quel vestito potrebbe stargli bene, il fatto strano è che in questo film musicatissimo (che colonna sonora!) appare un brano di Bernard Herrmann per La Donna che visse due volte. L’effetto è assolutamente straniante, soprattutto per chi ha riconosciuto la leggera citazione. Ma qual’è il suo significato? Che The Artist sia un film a spirale? Dove tutto si riconduce all’inizio? Il quesito rimane. E rimane anche il piacere degli occhi, di questo film in cui il b/n la fa da padrone e diviene il sintomo di una disperata ricerca di classicità.
C’è anche un altro fatto abbastanza importante, se non fondamentale: The Artist potrebbe essere il primo film francese a vincere l’Oscar come miglior film, miglior regia e miglior attore protagonista. Un trionfo senza precedenti, storico, epocale. E giustissimo.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).