L'intrepido

Antonio Pane vive a Milano e di mestiere fa il "rimpiazzo", ovvero il sostituto degli assenti. La moglie lo ha lasciato e vive solo, con il figlio che studia al Conservatorio. Ma un giorno incontra Lucia.
    Diretto da: Gianni Amelio
    Genere: commedia
    Durata: 104'
    Con: Antonio Albanese, Sandra Ceccarelli
    Paese: ITA
    Anno: 2013
6.1

L’intrepido, l’ultimo film di Gianni Amelio è stato presentato alla 70^ Mostra d’Arte cinematografica di Venezia.
Antonio Pane (Antonio Albanese) vive in una condizione di assoluta instabilità: ogni giorno cambia lavoro, sua moglie l’ha lasciato, suo figlio è un musicista alla ricerca di fama e felicità.
Una mattina si sveglia e deve lavorare alle poste, quella successiva come muratore, come minatore, elettricista, o ancora, come commesso. Nessuna certezza, nessuna possibilità di costruire un futuro, quanto un presente.

Un giorno ad un concorso incontra Lucia, una ragazza che, in quel mentre, depone la penna sul foglio bianco, arrendendosi allo scritto. Antonio, prima di consegnare, non esita neanche un attimo: le riscrive le risposte, le passa il bigliettino, si alza, lascia il suo elaborato tra le mani della docente e va via. Un gesto del tutto spontaneo e impulsivo, dettato probabilmente da una grande bontà d’animo.
Trascorre ogni giorno senza pensare a quel che verrà; senza chiedere o lamentarsi, senza disperarsi. Trova sempre il modo di portare un tozzo di pane e di uscire dalla porta di casa a testa alta. Sempre in prima linea per aiutare l’altro, ma allo stesso tempo, nascosto nella cupezza e nell’inquietudine dei suoi pensieri. Tutto ciò viene dimostrato lodevolmente dal gioco di luci e dalla fotografia che ha reso la qualità dell’immagine filmica assolutamente di valore e l’inquadratura elegante. Non è un caso, infatti, che il direttore della fotografia sia Luca Bigazzi, esperto del settore e collaboratore di Paolo Sorrentino per i film Le conseguenze dell’amore, Il Divo, This must be the place e La grande bellezza.
Tuttavia, il prodotto cinematografico presenta una sceneggiatura che risulta essere spoglia di contenuti, di dialoghi brillanti e di uno spessore reale. Il film scorre lentamente e, talvolta, le lancette sembrano paralizzarsi su un orologio, senza mai dare l’impressione che qualcosa stia accadendo e/o stia cambiando.
Il ritmo sicuramente vuole rimandare ad una condizione di immobilità che oggi giorno il cittadino comune vive: una precarietà che non dà via di scampo e una difficoltà nel vedere la luce. Eppure, tutto sommato, una speranza c’è sempre.

A proposito dell'autore

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Nata a Napoli, laureata in Conservazione del beni demo-etno-antropologici, con sotto indirizzo in Musica e Spettacolo. Dall'antropologia al cinema, passando per fotografia e documentarismo, queste le sue passioni e i suoi vizi!