Chissà se questa giovane Diva francese d’esportazione, Léa Seydoux, piaccia ai francesi più di Eva Green, ormai completamente hollywoodianizzata.
Léa muove i primi passi nel cinema francese indipendente più provocatorio: tra il 2007 e il 2008 interpreta tre ruoli in film francesi di registi affermati come Une vieille maitresse di Catherine Breillat, De la guerre di Bertrand Bonello e La belle personne di Christophe Honoré. Per una ragazzina di 17 anni è già un curriculum di tutto rispetto.

Già perché i film suddetti servono a metterla in evidenza a due registi ancora più rinomati come Quentin Tarantino e l’austriaca Jessica Hausner e, con loro gira Bastardi senza gloria, dove Léa fa una piccola parte, praticamente un cammeo, nella scena iniziale in cui il Colonnello delle SS Hans Landa stermina la famiglia ebrea di LaPadite. Ma il suo viso acerbo rimane già impresso nella memoria.
Nell’acclamato film (dato come vincitore morale dalla maggioranza della critica alla Mostra di Venezia del 2009) della Hausner, dove interpreta la crocerossina che porta la protagonista Sylvie Testud in pellegrinaggio a Lourdes.

I due successi la proiettano a Hollywood dove prende parte a due importanti blockbuster: Robin Hood di Ridley Scott con Russell Crowe e il 4° episodio della saga dell’agente Hunt con Tom Cruise star, Mission Impossible Protocollo fantasma. Due film che rimarranno nella memoria? Quasi sicuramente no.
Ma nel 2010 Léa interpreta una piccola parte anche in una grande produzione europea, il magnifico silenzioso capolavoro proustiano di Raul Ruiz, I Misteri di Lisbona, dove interpreta Branca de Montfort, che è a tutti gli effetti uno dei capisaldi della cinematografia degli anni ’00, del tutto invisibile in Italia, colonia satellite degli USA, ma che all’estero fa faville e viene acclamato come un trionfo di luci, colori, dimensioni ancestrali dello spazio e del tempo, annullamento di qualsiasi prospettiva di visione, anarchia del montaggio sopraffina, volti senza tempo di attrici che svelano e rivelano i segreti più intimi della seduzione. Questa è la Recherche di Ruiz, il suo vero film testamentario, in cui Léa si eleva in tutto il suo fulgore di grande attrice.

In seguito, essendo Léa ormai lanciata nell’empireo delle giovani promesse, un altro grande autore americano la chiama ad interpretare una parte nel suo nuovo film, o meglio nella sua nuova incursione turistica: Woody Allen che con Midnight in Paris firma uno dei suoi film più fortunati, una fiaba velata di mystery, un’elegia del tempo perduto. Léa interpreta una ragazza che gestisce una bancarella dell’usato per le vie di Parigi, che alla fine si incammina insieme allo stralunato protagonista Gil/Owen Wilson, dopo che lui ha lasciato la fidanzata, in una serata bagnata/benedetta dalla pioggia. Woddy Allen si diverte con leggerezza passeggiando tra i rimandi del suo cinema più famoso e importante (La rosa purpurea del Cairo).

Léa con la sua bellezza acerba e delicata ammalia anche Benoit Jacquot che la vuole nel suo televisivo Les adieux a la reine, a fianco di un’altra Diva europea, Diane Kruger. Niente da dire sul cinema di Jacquot, né guizzi di regia, né idee che tengano nel suo cinema scenografico e privo di originalità.
Léa torna nello stesso anno (2012) ad interpretare un ruolo importante acclamato dalla stampa internazionale, Sister di Ursula Meier, film presentato a Berlino (Léa era al Festival sia in Concorso con il film della Meier, sia Fuori Concorso con il film di Jacquot) dove la regista francese vince l’Orso d’argento e Léa viene paragonata ad un incrocio tra Brigitte Bardot e Anna Karina.

Léa quest’anno è in Concorso a Cannes con un film molto atteso, La vita di Adele, del cineasta tunisino (ma che da anni lavora in Francia) Abdellatif Kechiche, famosissimo per film di forte impatto come La schivata (2003), Cous Cous (vincitore morale della Mostra di Venezia 2007, dove vince ben 5 premi “minori”:FIPRESCI, Marcello Mastroianni Award per la giovane promessa Hafsia Herzi, SIGNIS Award, Premio speciale della Giuria e lo Young Cinema Award, ma non il premio per il miglior film), il discusso Venere Nera (anch’esso vincitore morale della Mostra di Venezia assieme a Post Mortem di Larrain).

Il prossimo progetto hollywoodiano di Léa si prospetta già luminosissimo: Wes Anderson l’ha aggiunta nel cast del suo nuovo film The Grand Budapest Hotel (2014), in un cast come al solito strabiliante, pieno zeppo di star e famosissimi caratteristi, da Saoirse Ronan e Tom Wilkinson, da Edward Norton a Jude Law, da Ralph Fiennes a Adrien Brody e tantissimi altri ancora. Come se per i divi di Hollywood, girare un film con  Wes Anderson fosse quasi come una piacevole vacanza. Il regista americano riempie i cast dei suoi film di attori famosissimi per poi utilizzarli in maniera anti hollywoodiana dandogli dei ruoli di ripiego, trattandoli come caratteristi.

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).