Stop the Pounding Heart

Texas provincia americana, tempo presente. Sara è una ragazza che trascorre la sua giovinezza allevando le capre nella fattoria, leggendo la Bibbia e pregando. Un giorno conosce il giovane cowboy Colby Trichell. L'esistenza della ragazza cambierà per sempre.
    Diretto da: Roberto Minervini
    Genere: drammatico
    Durata: 98'
    Con: Sara Carlson, Colby Trichell
    Paese: USA, ITA
    Anno: 2013
8

Il pericolo che corre Stop the Pounding Heart è di finire confuso tra i numerosi documentari “con tratti di fiction” (per così dire) che il cinema d’autore recente ha prodotto. Ma il film di Roberto Minervini, cineasta marchigiano emigrato negli Stati Uniti, è il capitolo conclusivo di una trilogia che comprende Low Tide, del 2012 (che non ho visto, come non ho visto il primo capitolo, The Passage: ma credo che sia un’esperienza comune alla maggioranza di coloro che hanno scritto del film) e possiede alcuni caratteri originali che ne fanno un’opera di squisitezza formale che poco sembra avere da spartire con alcuni esemplari della docu-fiction contemporanea.

La macchina da presa di Minervini segue la famiglia Carlson, in particolare l’adolescente Sara con i suoi turbamenti e le sue emozioni, ma lo fa senza abbandonarsi ad improvvisazioni e vezzi da cinema indipendente.
L’idea di Minervini è quella di far “recitare” se stessi ai protagonisti, ma senza variare impudicamente o romanzescamente il copione, solo rendendoli più consapevoli della loro vita. Anziché sortirne una semplificazione, come accade in genere negli adattamenti letterari, Minervini lascia che in qualche modo convivano nella sua storia tanto la persona che il personaggio, in un gioco di sensazioni (più che di voci, come verosimilmente avrebbe fatto Terrence Malick, citato spesso e secondo me un po’ a sproposito in relazione al film) che avvolge anche lo spettatore; il risultato è un oggetto filmico pieno di sfumature che vive di improvvisi avvicinamenti e distanziamenti.

 

Quella è Sara, ma non è Sara. Non una Sara “in sedicesimo”, ma una Sara leggermente accresciuta (in alcune pose e in alcuni attimi della sua adolescenza fatta di interrogativi, precetti da osservare, sensazioni da esplorare). Come se si trattasse di una serie di figure in rilievo, i personaggi di Stop the Pounding Heart riescono a spezzare la sensazione di essere “scritti”, ma non hanno mai la robustezza ingombrante della vita vera. Forse è un pregio (notevole) del film e forse anche no, dipende dal punto di vista. La scelta della regia è di mettere a fuoco alcuni istanti – specialmente a partire dall’incontro di Sara con il giovane Colby – e di lasciarne altri nell’indeterminatezza.

 

L’effetto, benché a più riprese affascinante, rischia un po’ di avvicinarsi a quello di un album di fotografie, tanto belle e tanto vive (quanto più “vissute” da chi le guarda) quanto lievemente inerti. Con questo non si deve pensare che il lavoro di Minervini sia esclusivamente un volonteroso esercizio di stile.
È evidente che in esso vi sono un desiderio e un bisogno di ricerca stilistica che potrebbe preludere ad esiti straordinari. Un cineasta in ogni caso da seguire con attenzione e, se possibile, incoraggiare.

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Ha una foto di famiglia: Lang è suo padre e Fassbinder sua madre. John Woo suo fratello maggiore. E poi c'è lo zio Billy Wilder. E Michael Mann che sovrintende, come divinità del focolare. E gli horror al posto dei giocattoli. Come sarebbe bello avere una famiglia così...