Muffa

Basri è un guardiano delle ferrovie che da diciotto anni non ha più notizie di suo figlio, Seyfi, arrestato dall'esercito turco come dissidente politico.
    Diretto da: Ali Aydin
    Genere: drammatico
    Durata: 94'
    Con: Ercan Kesal, Muhammet Uzuner
    Paese: TUR, GER
    Anno: 2012
5.9

Un film di Ali Aydin che ha ricevuto il Premio Leone del Futuro, ­Premio Venezia Opera Prima (Luigi de Laurentiis) alla 69^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Il film, la cui trama ha come elemento cardine la condizione fisica e psichica di un uomo solo destinato a trascorrere vent’anni della propria vita con una speranza nel cuore e una lancia pronta a trafiggerlo, non ha grandi azioni o colpi di scena. Non si mostra il conflitto se non velatamente: Basri è stato arrestato, picchiato, umiliato, eppure sembra farsi coraggio ogni giorno.
Il ritratto emozionale del protagonista sembra essere il filo conduttore di immagine statiche, la cui cupezza non può non rimandare all’abisso dentro il quale i suoi pensieri, i suoi dubbi si immergono. Il protagonista attende che qualcuno gli parli di Seyfi, gli dica come sta, gli faccia capire se pregare possa avere ancora un senso.
Una significativa e interessante scelta registica per quanto concerne alcune riprese, fa di questo film un oggetto da valutare positivamente e attentamente. Dal buio, con una giacca nera e una camicia bianca,  Basri sbuca all’improvviso. Confessa i suoi turbamenti e torna indietro; scomparendo nuovamente nell’oscurità. Esprimere utilizzando le immagini vuol dire esattamente questo.
Il cinema si occupa di utilizzare un linguaggio che sia principalmente visivo. Non c’è bisogno di parole per comprendere lo stato d’animo di un uomo che aspetta di sapere se riabbraccerà la salma di suo figlio, eppure credo sia assolutamente complesso mostrarlo.
Il regista Ali Aydin, nonostante fosse un esordiente, si è preparato ad affrontare una tematica alla cui base c’è il conflitto kurdo-turco e la sofferenza individuale; utilizzando una forma di comunicazione che si potrebbe dire essere quella preferita dalla celluloide.
I tempi prolissi della prima parte del prodotto filmico sono giustificati dal fatto che la sceneggiatura non è stata costruita minuziosamente; sebbene accorciare l’opera di qualche frame non sarebbe stato un peccato, bensì un modo per non rischiare di allontanare lo spettatore dal messaggio del film.