Melbourne

Iran, tempo presente. Una coppia sta partendo per Melbourne, in Australia, per continuare gli studi. I vicini di casa hanno affidato a loro una neonata. Ad un certo punto scoprono che qualcosa non va nella bambina. Inizia a profilarsi un clima di sospetti.
    Diretto da: Nima Javidi
    Genere: drammatico
    Durata: 93
    Con: Roshanak Gerami, Mani Haghighi
    Paese: IRAN
    Anno: 2014
6.4

La struttura narrativa prende piede nel contesto dell’assurdo solo attraverso una completa spoliazione degli ambienti, una regia spartana, un gruppo di attori che recitano quasi come fossero in trance. Melbourne, esordio dell’iraniano Nima Javidi, ottiene il massimo risultato con la povertà di mezzi organizzati in modo tale da lasciare lo spettatore completamente attonito: ogni immagine potrebbe essere rivelatrice di uno strato più profondo di realtà indicibile, con cui i due protagonisti entrano in contatto più per caso che necessità.

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Nulla nell’esordio di Javidi è scontato. A tratti viene in mente durante la visione un altro esplosivo esordio di 7 anni fa: 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni (2007) di Cristian Mungiu, anche lì veniva raccontata una situazione limite da cui le due protagoniste uscivano completamente sconvolte. Il tono di Javidi rispetto al film di Mungiu è più ironico, straniante, meno energico e più metaforico. L’Iran di oggi è un paese ricco, dove la religione e il maschilismo umiliano pesantemente il ruolo delle donne nella società. Questo contesto di riferimento fa da sfondo alla vicenda, ma non rappresenta il senso profondo del film, come invece lo era il pluripremiato Una Separazione (2011) di Asghar Farhadi, film ormai diventato un modello di riferimento per il cinema iraniano di oggi.

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L’esordiente Javidi ha il coraggio di spingersi oltre il modello di Farhadi, di varcare la soglia di conflitti interni ad un paese con enormi problemi politici. Melbourne è una grande scommessa vinta sotto tutti i punti di vista, grazie ad uno sguardo concentrato su una realtà che sfugge sempre di mano. Il senso del thriller viene sottinteso nella morsa degli spazi chiusi del ricco appartamento, dove la coppia dei due protagonisti sta per partire. L’imprevisto che dà il motore all’azione rimane il nodo conclusivo di una strategia del “disturbo sintattico” della tensione, che si risolve sempre nell’incertezza della visione.

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Il non vedere abbastanza, il non vedere affatto, lo scrutare la realtà di un evento tragicomico, lascia trasparire il punto cieco di una visione, che lascia senza alcun appiglio morale lo spettatore. Melbourne è l’indagine sul reale che diventa il verbo per una tragica ammissione di colpevolezza. Il cinema sempre molto parlato di Farhadi qui non prende piede, la regia di Javidi si concentra sull’affermazione di un realismo quasi magico, che acquista la tensione muta del farsi parola, nel momento in cui il silenzio diventa l’unica arma contro l’assordante plenilunio di una sconfitta esistenziale.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).