Le ricette della signora Toku

Giappone, tempo presente. L'anziana signora Toku si offre di aiutare il giovane panettiere Sentaro nella preparazione di una salsa di fagioli rossi, chiamata “an”. Dopo l'iniziale scetticismo Sentaro si accorge del talento della signora Toku. Tra i due nascerà una profonda amicizia.
    Diretto da: Naomi Kawase
    Genere: drammatico
    Durata: 113
    Con: Kirin Kiki, Masatoshi Nagase
    Paese: GIAP, FRA
    Anno: 2015
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E’ giunto per la prima volta nelle sale italiane (festival a parte) un prodotto della regista giapponese Naomi Kawase, il 16° per essere precisi, se si ingloba nella lista anche il nutrito contributo devoto alla documentaristica. Le ricette della signora Toku ha aperto lo scorso maggio a Cannes la sezione Un Certain Regard: un film semplice, sintetico fin dal titolo originale, An, che indica la stupefacente marmellata di fagioli rossi che un’anziana e rugosa signora propone a un giovane che gestisce una piccolissima pasticceria specializzata in dorayaki (doppi pancake ripieni di salsa). Quest’ultimo, di nome Sentaro, conquistato da un inedito grado di umiltà e caparbietà, si convincerà ad assumere Toku come aiutante, nonostante l’età avanzata e l’appariscente male che le martoria le mani, nella speranza di risollevare le sorti dello spaccio , e con esse il suo stesso infelice tenore di vita.

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La struttura che la Kawase imprime alla sceneggiatura è tripartita, nelle scansioni temporali come in quelle tematiche. Il comune denominatore è la “passione”, requisito assente nell’ancora inesperto cuoco, ritrovatosi solo al mondo come incatenato al chiosco, i cui ricavi sono destinati a saldare (forse, un giorno) un grosso debito che si trascina da anni. Lei, al contrario, “empatizza” con il cibo, vi si pone in “rapporto confidenziale”, ci parla, se ne prende cura come farebbe con un corpo intelligente, e in ciò vive emozioni preziose, si riconosce palesemente eccitata alle prese con un’attività così stimolante, vicina al cuore, ai sorrisi della gente (e in particolar modo dei giovani), scelta impegnativa, ma irresistibilmente gratificante.

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La lezione impartita a Sentaro e all’amica adolescente acquista un valore ulteriore e decisivo nella sezione centrale, introdotta dal licenziamento della protagonista imposto dalle male voci sulle sue condizioni di salute. La solerzia dimostrata di fronte ad una malattia che la sta così inesorabilmente corrodendo, costringendola di fatto ad un’esistenza da ghetto, è tale da amplificare enormemente l’impatto del suo operare, che osservato sotto una nuova luce mette ancor più in evidenza una forza di volontà paradigmatica, resistente al dolore e allo sconforto, fulgido esempio per gli altri due personaggi, afflitti da disgrazie di ben diverso stampo, ma similmente angustiati nell’animo.

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L’inevitabile scomparsa di Toku, sublimata con delicatezza e poesia attraverso le sue stesse parole, getta il “principale” nuovamente nella rassegnazione, salvo poi rivelargli il vero profilo della sua missione, la quale, al di là di qualsiasi invadente “proprietario”, coincide coll’apertura a un rinnovato contatto con gli acquirenti, a un inedito ruolo nella società, a un’insospettata sensibilità verso la natura, promossa in principio e con costanza dalla tenera signora, realizzata limpidamente (anche nella fotografia, costantemente soggetta a variazioni di messa a fuoco) nell’ondeggiare delle fronde candide e odorose dei ciliegi in fiore, come nella brama di libertà che anima il canarino prigioniero.

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Queste ricette in sostanza vanno ad alimentare un film piccolo come gli esigui luoghi in cui si svolge, sfizioso e leggero dietro i fornelli e nei motivi musicali (privilegianti non a caso i timbri dell’orchestra da camera), semplice e sentito nella trasmissione dei valori preposti, che trascendono i riti puramente scintoistici e le manifestazioni della cultura prettamente nipponica. La formulazione cinematografica, co-prodotta da Giappone, Francia e Germania, di conseguenza acquisisce una propria singolarità non tanto nell’elaborazione delle tematiche, quanto piuttosto nel recupero di stilemi che esaltano il piacere dello sguardo posato sulle meraviglie terrestri e l’apprezzamento moderato e costante di una vicenda connotata da un ritmo certamente non celere, ma pure senza dubbio sana proposta da accogliere a mente sgombra e spirito sintonizzato.

Qui potete trovare la video recensione di Raffaele Lazzaroni su Le ricette della signora Toku di Naomi Kawase

A proposito dell'autore

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Classe 1995, in anni recenti si è incontrovertibilmente innamorato del cinema, interessandosi a qualunque genere di qualsiasi epoca, ma senza mai perdere la bussola della qualità artistica. Frequenta il DAMS a Padova e cura un suo canale YouTube di critica cinematografica, "Il taccuino del giovane cinefilo".