Workingman's Death

Un documentario sulle situazioni lavorative in giro per il mondo: miniere di carbone in Ucraina, miniere di zolfo in India, un mattatoio in Nigeria.
    Diretto da: Michael Glawogger
    Genere: documentario
    Durata: 122'
    Paese: AUS, GER
    Anno: 2005
7.3

Il documentario come traccia per una requisitoria morale inserita nell’interfaccia tra fiction e realismo. E’ in questo senso che Workingman’s Death (2005) di Michael Glawwogger si muove, producendo quello scarto necessario tra funzione della parola e dispositivo concentrico di un’immagine viva e ricorrente, costituente di un apparato spiralizzato che evolve nel reale come una gemma del perturbabile.

Glawwoger si insinua nelle immagini con un senso di claustrofobia e di imminente senso del disfacimento che ricorda per certi versi l’Herzog di Apocalisse nel deserto (1992), riuscendo a perlustrare nei volti dei lavoratori il compromesso di un esistenza al limite, sempre sull’orlo di un’imminente stato di catarsi o di una tragedia che possa minare comportamenti, azioni che sono già di per se stesse precarie.
Il senso di Glawwogger per il documentario è senza dubbio la saggezza accompagnata da un coraggio non indifferente nel filmare con totale onestà vicende al limite della sopravvivenza, eppure, il documentarista tedesco capisce che è proprio in questi contesti che può appurare, riconoscere, ammirare una vitalità senza eguali, una resurrezione dello spirito nel bolo primordiale di allucinate situazioni oltre le quali non sembra esserci via d’uscita.

Workingman’s Death si propone come campo minato nel genere del documentario, anzi, tende a trascendere questo, situandosi in un non-luogo assolutamente fecondo di senso e di emozioni mai provate prima. Con Glawwogger il cinema può senza dubbio tentare, sperare di trascendere l’immagine stessa, andandosi a configurare come una manifestazione larvale di una sconfitta relativa alla civiltà, una sconfitta politica e sociale che riguarda tutto il tessuto culturale, economico, strategico a livello globale.
Questi lavoratori che vengono filmati senza remore da Glawogger fanno venire il dubbio che la modernità, le condizioni di lavoro civili e oneste possano essere solo un miraggio, una falsa promessa di felicità. L’umanità di Glawogger si mostra come una spietata cosmogonia di volti in perenne disfacimento, come figure in un mosaico di morte che tendono a mostrare quello che è il vero volto della natura. Ma Glawogger non ha alcuna intenzione didattica, il suo sguardo ricorda non solo Herzog ma anche Nicolas Philibert, uno sguardo acceso dalla predisposizione ad una comunicazione fornita attraverso la figurazione di volti dall’espressività ricercata e intensa, paragonabili solo ai primi esperimenti di cinema muto degli anni 20′.

La ricchezza di questo tipo di documentarismo è l’effige di un panorama che fa del ritorno alla forma classica della cine-testimonianza il fulcro della sua essenza. Un’immagine è un’immagine, scolpita nel tempo, la parola può essere solo un giusto corollario alla sua permanenza nella memoria.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).