Mad Max Fury Road

Australia, futuro imprecisato. In una landa desolata dove tiranneggia il violento Immortan Joe, Imperatrice Furiosa si ribella ai suoi ordini, portando avanti una guerra per le risorse idriche. Max Rockatansky si ritrova coinvolto nella battaglia.
    Diretto da: George Miller
    Genere: azione
    Durata: 120
    Con: Tom Hardy, Charlize Theron
    Paese: AUST, USA
    Anno: 2015
7.5

Più di un trentennio è passato da quando l’australiano George Miller creava la sua personale follia distopica trasformando uno sconosciuto Mel Gibson in un cupo e inesorabile vendicatore su quattro ruote. Con Interceptor (Mad Max) ma, soprattutto, con il suo seguito, Interceptor – Il guerriero della strada (Mad Max 2: The Roar Warrior), Miller dava vita a un mondo di sabbia, benzina e sangue che avrebbe condizionato per sempre il cinema post-apocalittico a venire e l’intero immaginario collettivo. Mai distopia fu più abusata, snaturata, svuotata, con decine e decine di cloni che mai avrebbero potuto avvicinarsi alla vitale e deflagrante energia dei film originari. Ma quando il ciclo di Mad Max pareva ormai concluso, cristallizzato oltre le sabbie di un tempo ormai mitico e assoluto, ecco il settantenne Miller, un paio di maialini coraggiosi e pinguini ballerini alle spalle (paradossalmente suoi i fortunati dittici di Babe e di Happy Feet), tornare al suo antico e mai dimenticato amore, spiazzando pubblico e critica con un reboot/sequel che nulla ha da spartire con la prevedibile operazione nostalgica.

FURY ROAD

Miller (ri)crea un mondo uguale e al contempo diverso da quello battuto dal suo antieroe solitario, lo riscrive, ne traccia nuove e inedite coordinate, ci si butta a capofitto trascinando con sé lo spettatore tra l’arida invadenza di un deserto post-apocalittico e i micidiali inseguimenti di cui è teatro. Tutto in Mad Max: Fury Road avviene velocemente, in una folle e costante corsa che rivoluziona il modo stesso di fare cinema, di costruire un’azione che è spettacolo turbinante e assoluto. In 120 minuti di inseguimenti sensazionali in compagnia dell’inedito Max di Tom Hardy e, soprattutto, dell’implacabile Furiosa di Charlize Theron – alleati per caso, in fuga da un mostruoso tiranno cui hanno sottratto la risorsa più preziosa, quattro donne fertili in un mondo malato e morente – non c’è eccesso, povertà di dialoghi, cortocircuito spazio-temporale che tenga. In due ore trasformate in un inseguimento infinito che non conosce tregua né calo di tensione, un’unica, lunga sequenza d’azione dilatata all’inverosimile tra le sabbie di un deserto dove lo spazio e il tempo si annullano per collassare su sé stessi tra esplosioni e acrobazie, frutto di una visione di cinema come moto perpetuo, azione perennemente dinamica, lo spettacolo puro si palesa in tutta la sua potenza espressiva e il concetto di qui e ora si imprime violentemente sulla retina in tutta la sua sovversiva potenza.

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Nella staticità di un panorama dove il blockbuster statunitense detta regole e fissa paletti, l’opera funambolica e impazzita di Miller si impone con l’irruenta e folle visionarietà ludica del capolavoro visivo in un’anarchia formale e concettuale che scardina convenzioni, distrugge regole e logiche di mercato a colpi di esplosioni immani, inseguimenti su enormi autocisterne e kamikaze bianchi, rasati e impazziti che sognano il Valhalla. Mai l’azione ha saputo farsi tanto magnificamente fulcro stesso dell’opera, essenza stessa della visione cinematografica, enorme inno alle mai sufficientemente sfruttate potenzialità del mezzo. Ma non è un’assurda giostra fine a sé stessa il gioco dinamitardo di Miller, uno spettacolo pirotecnico che atrofizza la trama annientando qualsiasi contenuto o significato. In ogni inquadratura, in ogni dinamica che porta allo scontro/incontro di personaggi già iconici c’è la riproposizione di una mitologia tra le più pregnanti tra le nostre rappresentazioni collettive, e c’è, soprattutto, la sua riscrittura in chiave prepotentemente femminista, profondamente critica verso una società maschile che tutto distrugge e nulla crea. Ecco allora che Max, tra un grugnito e l’altro, viene ridimensionato a comprimario dell’autoritaria Furiosa, dichiarazione di intenti e urlata speranza per un futuro migliore e, insieme, fiammeggiante promessa di un cinema che, volente o nolente, non sarà più lo stesso.

A proposito dell'autore

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Un quarto di secolo circa, sancisce definitivamente il suo destino di cinefilo quando incontra, in una sala buia, il mondo pulp di Quentin Tarantino. Laureato in Comunicazione e Culture dei Media, pubblicista e critico, col tempo impara ad ampliare i propri gusti e le proprie visioni. Ama Fellini, i surrealisti, gli horror ben fatti e i lunghi piani-sequenza.