Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno

Nel terzo capitolo della saga diretta da Nolan, Batman se la deve vedere con due nuovi avversari mascherati Bane e Catwoman.
    Diretto da: Christopher Nolan
    Genere: fantasy
    Durata: 165'
    Con: Christian Bale, Tom Hardy
    Paese: USA, UK
    Anno: 2012
6.8

I critici italiani osservano ancora come nel cinema di Christopher Nolan si senta ancora troppo il peso della sceneggiatura, forse preferendo il disastro narrativo di opere come Dark Shadows. Ma Nolan non può essere ingabbiato da queste proposizioni fuori contesto, qua si parla di un qualcosa che va oltre il cinema e l’immagine: si tratta della direzione da dare alla propria filmografia, attuando un discorso di sovrapposizioni e inganni, concependo il tratto kinematico come ecumenismo scenografico. Il Cavaliere Oscuro urla, strepita, fa sentire il peso di piombo di ogni scena, la grana scura della detonazione improvvisa, il senso perduto della catastrofe in atto. Forse siamo già dalle parti di un furore magmatico, un’ordine rilevante l’emblema stesso della fede nei personaggi e nelle forme di rappresentazione più auliche e sconnesse. Nolan tiene tutti i fili della narrazione come un gran burattinaio, non si fida della capacità interpretativa dello spettatore e crea un monstrum opaco e riflettente rigurgiti di un cinema che non si vedeva più da anni: pessimismo affondato nei millenni, oscure presenze della mente che guardano un faccia i demoni di un universo traslato, similitudini mortifere tra raccordi di scene sospese. Nolan dimostra che si può far tuonare la mdp, la si può far implodere, se ne può riscattare l’origine fotografica per farla entrare nell’era della digitalizzazione fragorosa e impellente.

Nolan crede nel cinema solo in quanto dispositivo narrativo contundente, conosce i meccanismi narrativi e li tratta come tessere di un mosaico in perenne evoluzione. Non concede mai la possibilità del libero arbitrio critico. Per lui il cinema è un organo meccanico, una lastra di metallo su cui vanno impresse le regole di un mondo che vive benissimo senza regole. Forse è in questa contraddizione che esplode in tutto il suo fragore la potenza del suo cinema, che è prima di tutto contro lo statuto dell’immagine e a favore di una mappatura dettagliata della mente.
Il cinema come una mente aperta, il cui funzionamento può essere sovvertito attraverso variazioni epicurali di movimenti tellurici, provocando alti sfasamenti cognitivi, arrivando sempre a superare la soglia dell’incredulità. Nolan lavora sul non detto mostrandolo come uno specchio riflesso di movimenti interni all’inquadratura, ampliando una zona d’ombra dove tutto viene traslato e nulla è come sembra.
Il Bane di Tom Hardy, in un contesto simile, è un personaggio che si muove nella doppia corrente alternata di una rappresentazione-menzogna che fa di lui un doppio traslato con quello del Joker di Heath Ledger. Entrambi detonatori di situazioni ermetiche in transito, entrambi collocati in uno sfasamento temporale che fa del gioco filmico della parentesi ludica una traiettoria di sperimentazione affascinata e mediata dalla proliferazione di realtà intime che sconvolgono le parti e le pongono in un livello di superiorità rispetto a Il Cavaliere Oscuro.

 

Ipertrofismo scenico e drammaturgico: Nolan delinea la forma del fumetto secondo i canoni del noir, riscattando completamente il plot narrativo dalle passate trattazioni (Tim Burton, Joel Scumacher), andando a scandagliare il vero fondo del character: necessità di realismo antropomorfo e pura genìa della messa in abisso. Così la trilogia nolaniana sul Cavaliere Oscuro diviene predisposizione ad un rimodellamento del character sul mito western-noir della frontiera. L’eroe-vigilantes è una pura trasformazione segnica dell’intenzione da parte del regista-distruttore di impartire un decorso aulicamente destrorso alla figura del non più Batman, rivolgendo il suo sguardo su una personificazione dell’eroe con Gotham, riducendo il discorso-Batman ad una postilla su un discorso ulteriore di esegesi del Mito e di fusione tra apparati diversi tra loro, sci-fi/noir/western in cui il discorso della legittimazione dell’eroe viene dopo del discorso autoriale cui la filmografia nolaniana ambisce.

Dopo il seminale Inception, un altro discorso sulla manipolazione intrinseca del visivo, una riconferma dello stile grandangolare, stereoscopico (senza bisogno di 3D) di una filmicità che è narrazione nella narrazione. Se è poco, andatevi a vedere The Avengers, vi divertirete di più. Qua no, qua si fa sul serio.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).