Mission Impossible Rogue Nation

In seguito allo scioglimento dell'IMF, l'agente segreto Ethan Hunt si trova a dover sgominare un gruppo terroristico altamente organizzato chiamato il Sindacato. Una volta riunito il suo team, si dovrà alleare con Ilsa Faust, spia britannica doppiogiochista.
    Diretto da: Christopher McQuarrie
    Genere: avventura
    Durata: 131
    Con: Tom Cruise, Rebecca Ferguson
    Paese: USA, HONG KONG
    Anno: 2015
7.1

Dopo De Palma, John Woo, J.J. Abrams e Brad Bird tocca a Christoph McQuarrie. Ma il copione non cambia, nonostante alcune modifiche al protocollo della serie, Mission Impossible Rogue Nation è un motore perfettamente oliato che tenta di rendere criptico ciò che è evidente. Per l’autore degli script di The Usual Suspects e Edge of Tomorrow pagina scritta e set sono la stessa cosa. L’impaginazione del movimento nella scena si istalla in un contesto dove i precedenti episodi della serie hanno già esaudito in tutto il loro potenziale ogni possibile sciarada visiva. L’Agente Ethan Hunt/Tom Cruise non può farci nulla, non può pretendere di inventare qualcosa di nuovo. Oblivion e Edge of Tomorrow, il secondo Sherlock Holmes, il secondo Captain America per non parlare delle operazioni a metà tra Hollywod e resto del mondo come Snowpiercer, hanno già approntato dei mondi narrativi abitabili e consoni alla permeazione dello statuto dell’eroe nei meccanismi odierni del cinema americano di genere odierno. Hunt/Cruise viene dopo e si deve adeguare ad una realtà filmica che può ammirare ma non può più superare.

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Tanto vale allora ripetere, ricopiare, rifare all’ennesima potenza. Risolvere l’enigma della mission impossible non è altro che un gioco da ragazzi, l’ennesima stortura di un sistema spionistico che non può più dare i brividi. Tanto è che persino il danese Thomas Alfredson si è dovuto inventare lo spy-movie senza azione, nel criptico, ultra autoriale Tinker Taylor Soldier Spy, per i pochi che lo hanno ammirato, un thriller sull’omosessualità latente (Duellanti docet) che tentava la decostruzione impossibile di un genere votato da sempre all’equilibrio precario tra parsimonia verbale ed eccesso visivo. No, l’episodio di McQuarrie non si riferisce a questo modello. Il moderno action hollywoodiano ha dato recentemente grande prova di brillantezza espositiva, attraverso script geniali e cast all’altezza, roba che 10 anni fa, in piena crisi dei generi, non sarebbe stato possibile.

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Mission Impossible Rogue Nation non fa parte di questa categoria. Il film è tutt’altro che fallace, anzi rispecchia alla perfezione tutto quello che ci si aspetta da un action di Hollywood: il franchise è quindi rispettato alla grande. McQuarrie sa quando far ridere, sa quando far scattare le scena di fighting, può anche permettersi di citare Hitchcock nella scena dell’attentato del teatro, con tanto di sprezzo del ridicolo, ma non può pretendere di far scattare un revival della messa in scena spionistica. Per quello è già arrivato Skyfall di Sam Mendes, che ha mandato in frantumi l’estetica bondiana rafforzando il franchise con una nuova, spietata leggerezza, impressionata a colpi di script e regia coi fiocchi. L’elemento su cui si fonda questo Mission Impossible Rogue Nation è la reputazione del franchise, qualcosa che viene prima del cinema stesso, che garantisce incassi sicuri al box office ma non determina lo slittamento necessario ad un altro immaginario, del tutto imprevedibile e fuori campo.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).