Le streghe son tornate

Josè è un padre di famiglia non soddisfatto del lavoro. Sua moglie che lo ha lasciato, decide di fare una rapina portando il figlio con sé. Durante la fuga in taxi si ritrova in un paese infestato dalle streghe.
    Diretto da: Alex de la Iglesia
    Genere: horror
    Durata: 112'
    Con: Hugo Silva, Carolina Bang
    Paese: SPA, FRA
    Anno: 2013
8.3

Spagna, un piano alternativo al babysitter: portarsi il figlioletto men che decenne a rapinare il banco dell’oro – e magari si rende pure utile a fare bang bang. Fa così, Josè (Hugo Silva), genitore separato, e non esattamente genitore modello, peraltro alle prese con una ex moglie sempre ad abbaiare. Ma la fa grossa pure la compagna del complice, che si appropria al momento sbagliato dell’auto che serviva per la fuga. Il risultato è che tutti insieme appassionatamente i due rapinatori, il baby infiltrato, un ostaggio ed un tassista si ritrovano a dover seminare la polizia, con la frontiera come obiettivo.
Ultima fermata prima della Francia, il paesino basco di Zugarramurdi, con una tradizione stregonesca ai tempi dell’Inquisizione e qualcosa che ancora bolle in qualche pentolone.
Con Las brujas de Zugarramurdi, Alex de la Iglesia esce dal cerchio magico dei generi e realizza un incantesimo narrativo in cui le variabili della commedia si moltiplicano nel campo del fantastico, i risvolti dell’horror si mescolano ad intonazioni grottesche, l’umorismo e l’azione sono vivacemente asserviti ad una miriade d’iperboli para-sessiste, che trascinano il conflitto maschi-femmine nel campo di gravità del si-salvi-chi-può apocalittico.
Questo caleidoscopio godereccio, che moltiplica le luci dell’intrattenimento modulandosi ora sull’action movie, ora sul soprannaturale, ora – praticamente ad ogni piè sospinto – sull’ironia, ripete su scala più spericolatamente ingrandita operazioni come quelle di film, recenti e non, in cui l’improvvisa deflagrazione della fiction realista squaderna un ventaglio di possibilità inventive che finisce per spiazzare lo spettatore rispetto a possibili previsioni di sviluppo: così era, ad esempio, nel cult Dal tramonto all’alba (1996) di Robert Rodriguez, film affine per la trafila rapinacomplicazionesoprannaturale, col quale condivide la chiassosità e l’imprevisto malefico; o nei meno stagionati La fine del mondo di Edgar Wright e Facciamola finita di Seth Rogen ed Evan Goldberg, storie di comitive sbaragliate dal confronto con qualche armageddon stramboide.

Incessante per densità e costantemente sulla cresta della battuta, il film di de la Iglesia fa poi una precisa scelta di campo: quella di lambire, senza scorrettezze, i confini della misoginia, frontiera che non si supera, dacché si resta al di qua di una funzionale e spassosa lamentosità maschile a cui si contrappone il sadismo della setta di streghe, guidata dall’attrice feticcio Carmen Maura, e organizzata in assetto di “V per vagina”.

Con l’esacerbarsi delle fazioni, sia pure nel rinnovarsi di scompaginamenti ed alleanze, il film accelera sul pedale dell’azione, anzi, si limita a non decelerare, visto che prende avvio con una delle più pittoresche rapine cinematografiche di sempre: un Cristo porta croce a fare da capobanda ed i complici variamente (s)costumati a spalleggiare, tra cui spicca uno Spongebob sparapallottole. In quel di Zugarramurdi, poi, il set si riplasma, diventando una casa nera, anzi, per dirla tutta, una sorta di casa dei mille corpi o casa del diavolo, col cliché horror degli albergatori che accolgono in un ostello che si rivela poi casa di tortura.
Ma, appunto, scordatevi della prevedibilità, e allo stesso tempo ricordatevi di come il già visto si possa ricombinare in posizioni diverse da kamasutra dell’azione filmica: erotismo (esplosiva la giovane strega interpretata da Carolina Bang), cannibalismo, inseguiti ed inseguitori che braccano e vengono braccati, affari di famiglia, mostri e personaggi che gemmano dai cambi di scena.
Alla prova dell’Inquisizione critica, troveremmo qualche difetto, forse nell’eccessiva lunghezza e nel farraginoso finale paradossalmente in diminuendo – per ingordigia di rilancio?
Pure, va osservato come l’esagerazione faccia corpo con la sfrenata inventiva barocca di Alex de la Iglesia, ridondante di forma eppure nell’intimo sorprendentemente equilibrata, grazie anche all’apporto del suo aureo sceneggiatore dei tempi migliori, Jorge Guerricaechevarria.

A proposito dell'autore

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Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".