In trance

Un giovane assistente che lavora in una casa d'aste, decide di collaborare al furto di un'opera d'arte. Durante il colpo subisce un trauma e cade in preda dell'amnesia. I suoi complici lo sottopongono ad ipnosi per capire cosa è andato storto durante l'operazione.
    Diretto da: Danny Boyle
    Genere: thriller
    Durata: 101'
    Con: James McAvoy, Vincent Cassell
    Paese: UK
    Anno: 2013
6.9

Dopo gli otto Oscar di The Millionaire (2008), è inevitabile che il nome di Danny Boyle susciti attenzione ad ogni nuova uscita; ma la fortuna critica gli ha voltato le spalle da parecchio tempo e dopo questo film ci sarà chi lo darà per finito.
Non che ci sia poi molto da sbagliare, visto che In Trance (2013) è un film del tutto sbagliato, dozzinale fin dal plot da thriller psicologico di terza mano, implausibile nei suoi sviluppi e a momenti involontariamente comico (l’imbarazzante faccenda della vagina rasata di Rosario Dawson determina scoppi di ilarità scomposta e incredula).

Gli sceneggiatori si sono fatti certamente scappare di mano una vicenda che, affrontando temi complessi e “alti” come l’ipnosi e il transfert, ne trae però conseguenze grossolane che mettono a repentaglio la credibilità interna e sostanzialmente di genere di tutta la storia.
Se a ciò si aggiunge la consueta, insopportabile e grevemente ironica ridondanza stilistica della direzione di Boyle, abbiamo il quadro completo di quanto quest’ultimo film segni la fine di ogni residua credibilità autoriale del regista di Trainspotting (1996).
E questo a maggior ragione se si considera In Trance come un tentativo di mettere alla prova paradossi logici e meccanismi narrativi che si rifanno blandamente a Inception (2010) di Christopher Nolan.
I problemi del film non sono soltanto nelle scelte scriteriate e suicide degli snodi narrativi, peraltro; le riprese praticamente tutte in interni bigi, tirati a lucido ed esplicitamente onirici contribuiscono ad accrescere la seriosità da manuale del dramma psicologico, scoprendo di fatto l’inadeguatezza di attori che non hanno spessore dietro i volti compunti: James McAvoy è troppo fatuo e belloccio per essere veramente tormentato, Rosario Dawson è statuaria e insipida, e quanto a Vincent Cassel il suo gangster Franck non ha la profondità che potrebbe, stretto com’è tra il gigionismo da protagonista e la trama che gli affibbia un’improbabile e premurosa relazione sentimentale con la Dawson stessa.
Alla fine bisogna comunque prendere atto che In Trance è verosimilmente un brutto film con limitate pretese, quello che qualcuno definisce uno “Jung for dummies”, molto rozzo, didascalico e approssimativo nel suo psicologismo e che in altri tempi si sarebbe con noncuranza definito un lavoro su commissione.
Rimane però una sgradevole sensazione al fondo di tutta l’operazione, e cioè che il pubblico a cui In Trance si rivolge sia guardato con aperta disistima e senza andare tanto per il sottile.
Un cinismo che magari ai loro tempi avrebbero potuto avere anche esecutori come Samuel Fuller o Joseph H. Lewis, che però poi da parte loro godevano di uno smagliante talento di storytellers.
C’è da scommettere che se il nome del regista fosse stato meno importante, un’opera come questa sarebbe finita straight to video e le si sarebbero riservati pochi sguardi distratti e un po’ annoiati. Sarà ad ogni modo divertente assistere ai tentativi di salvataggio da parte degli autorialisti ad oltranza.

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Ha una foto di famiglia: Lang è suo padre e Fassbinder sua madre. John Woo suo fratello maggiore. E poi c'è lo zio Billy Wilder. E Michael Mann che sovrintende, come divinità del focolare. E gli horror al posto dei giocattoli. Come sarebbe bello avere una famiglia così...